UNA SPERANZA CONTRO Il Coronavirus – COVID 19 “funziona la cura del plasma. In due giorni”


Pavia ItaliaIn due giorni fa effetto. La terapia al plasma funziona.

Decine di pazienti con coronavirus sono state trattate con successo con questa procedura in via di sperimentazione in alcuni ospedali del nord Italia, a cominciare dal policlinico universitario San Matteo di Pavia e dall’ospedale Carlo Poma di Mantova, seguiti poi nelle settimane scorse dagli ospedali di Novara, in Piemonte, e Padova nel Veneto.

La terapia consiste nell’utilizzo del plasma dei pazienti guariti dal Covid-19.

Al trattamento sono stati sottoposti i pazienti più problematici, quelli che rischiavano di arrivare in terapia intensiva.

I miglioramenti sono risultati evidenti già dopo 1-2 giorni dall’inizio della terapia. La procedura è inoltre sicura.

< Il sangue dei donatori viene prelevato e poi trattato per isolare il plasma dal resto. Inoltre, si applicano una serie di procedure che lo rendono sicuro inattivando le sostanze che potrebbero rivelarsi dannose per il ricevente >.

La plasmoterapia è una strada che non viene seguita solo in Italia. Negli Stati Uniti nell’ultimo mese sono state avviate decine di sperimentazioni simili.

E ancora prima, risultati molto incoraggianti sono arrivati dalla Cina. Tuttavia, un limite c’è ed è quello della disponibilità dei donatori.

In media per ogni sacca di sangue prelevata si riescono a trattare due pazienti, ma molto dipende dalla carica complessiva degli anticorpi presenti nel plasma e dalle condizioni dei malati che vengono trattati.

Limite, questo, sottolineato anche dal noto virologo Roberto Burioni in un video pubblicato sul proprio sito web Medicalfacts.

Più controverso il trattamento a base di Remdesivir, l’antivirale sviluppato per l’ebola e ora in sperimentazione contro il Covid-19.

L’Agenzia europea per i farmaci (Ema) ha avviato uno studio di revisione continua dei dati con procedura rapida relativo a questo farmaco.

Si tratta di una procedura di cui si avvale per velocizzare la valutazione di un farmaco sperimentale promettente durante un’emergenza di salute pubblica, come l’attuale pandemia.

Tuttavia, precisa l’Ema, «è ancora troppo presto per trarre conclusioni sul rapporto rischio-beneficio del farmaco».

L’avvio dello studio «significa che è iniziata la valutazione e non implica che i suoi benefici siano maggiori dei rischi», rileva l’Agenzia.

Il nostro Paese è stato tra i primi ad adottare il remdesivir. Era infatti presente già nei protocolli terapeutici applicati per curare i primi due pazienti cinesi che a febbraio furono ricoverati allo Spallanzani di Roma.

E ora è in corso una sperimentazione clinica. Negli Stati Uniti c’è grande entusiasmo, frenato da uno studio pubblicato su The Lancet, secondo il quale non ci sarebbero evidenze di benefici statisticamente rilevanti nel decorso della malattia dei pazienti in cura con l’antivirale.

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