Categoria: MOSTRA FOTOGRAFICA
UN TOCCO DI CLASSE. L’OCCUPAZIONE DELLE OFFICINE REGGIANE 1950-51

Mostra fotografica
100 fotografie originali dell’epoca
Oltre ad offrire una cronologia degli eventi, la mostra, che organizza un insieme di materiali estremamente eterogeneo, originale e di qualità sia estetica sia contenutistica in senso storico-documentale, si compone di quattro sotto-aree tematiche che riguardano:
– Il lavoro – l’autogestione produttiva, l’idea di riconversione della fabbrica contro la dismissione delle attività e i licenziamenti, l’idea del controllo diretto degli operai e dei tecnici sulla produzione, rappresentata dal trattore R60 che venne ideato e realizzato dai lavoratori durante l’occupazione;
– I conflitti e la costruzione della comunità operaia di lotta;
– La solidarietà che accompagnò quella durissima vicenda di resistenza sociale – la solidarietà alimentare e delle categorie produttive che contribuirono a sostenere economicamente lo scontro, quella degli intellettuali verso le maestranze nella fase di generalizzazione del conflitto e quella tra movimento operaio e movimento bracciantile, tra città e campagna, per citare gli esempi più rilevanti
– Le biografie: tredici biografie di protagonisti che rappresentano il lascito di quella lotta nella costruzione del “modello reggiano” negli anni sessanta e settanta.
Il percorso espositivo viene completato da audio-narrazioni e da materiali documentali, sia originali dell’epoca (in gran parte i fogli e i bollettini di lotta stampati durante la vertenza) sia realizzati per l’occasione, che supportano e accompagnano il visitatore in un viaggio nel tempo attraverso le fasi di quella lotta.
La mostra, le cui foto sono state reperite dai fondi di quattro archivi storici (Archivio storico Cgil Nazionale, Archivio storico Camera del Lavoro Reggio Emilia, Fototeca Panizzi, Archivio Istoreco), rappresenta, inoltre, un omaggio ad un’esperienza di fotografia militante, quella del Gruppo Artigiani Fotografi (GAF) di Reggio Emilia.
Fino al 31 Ottobre 2022.
Dove: Ex officine reggiane
Piazzale Europa, 1, Reggio Emilia
Prossime date:
- mercoledì 17 Agosto 2022
- giovedì 18 Agosto 2022
- venerdì 19 Agosto 2022
- sabato 20 Agosto 2022
- domenica 21 Agosto 2022
- lunedì 22 Agosto 2022
- martedì 23 Agosto 2022
- mercoledì 24 Agosto 2022
- giovedì 25 Agosto 2022
- venerdì 26 Agosto 2022
Info
Ingresso libero
Organizzato da:
CGIL Reggio Emilia, Comune di Reggio Emilia, Spazio Gerra Reggio Emilia, Officine Reggiane
Genova Sessanta: la rivoluzione in mostra

Genova Sessanta
Arti visive, architettura e società. Le trasformazioni della città, della creatività e del costume negli anni del boom economico.
Genova, Palazzo Reale, Teatro del Falcone
14 aprile / 31 luglio 2022
a cura di Alessandra Guerrini e Luca Leoncini
con Benedetto Besio, Luisa Chimenz, Leo Lecci ed Elisabetta Papone
La rivoluzione degli Anni Sessanta a Genova. La racconta, ricorrendo all’architettura, all’arte, al design, alla fotografia… una grandiosa mostra-affresco che dal 14 aprile al 31 luglio 2022 aprirà al Palazzo Reale di Genova, nel Teatro del Falcone.
L’esposizione è promossa da Palazzo Reale (Ministero della Cultura), a cura di Alessandra Guerrini e Luca Leoncini con Benedetto Besio, Luisa Chimenz, Leo Lecci e Elisabetta Papone.
L’obiettivo è quello di raccontare le grandi trasformazioni di Genova negli anni sessanta del Novecento, un decennio di profondi cambiamenti dovuti all’irrompere di nuove idee e rinnovati stimoli culturali, di significativi mutamenti sociali, d’innovazioni economiche e nuovi linguaggi che hanno segnato un’accelerazione nelle produzioni delle arti visive.
È una città in magmatico fermento quella che nel decennio del Grande Boom italiano vuole lasciarsi definitivamente alle spalle le ferite della guerra per darsi un volto ed un ruolo europei, puntando sull’industrializzazione e sui servizi, alimentati da nuove arterie di comunicazione e da nuovi quartieri progettati per ospitare una forza lavoro proveniente dal Sud.
In un pugno di anni la vecchia Genova si trasforma, calamitando grandi professionisti da fuori ma galvanizzando anche le risorse culturali proprie, per trasformare visioni in realtà. L’energia della crescita incentiva la creatività in tutti i settori, dall’arte, al design alla musica, alla cultura, all’economia.
Fisiologicamente, è una storia di luci ed ombre, fotografia di una Italia che in quel fatidico decennio cerca una sua non facile nuova strada.
Oggi, a distanza di 60 anni da quegli anni ’60, la cronaca si è fatta storia e diventa meno velleitario tracciare delle analisi, evidenziando la potenza rigeneratrice che spingeva verso dei futuri ritenuti comunque migliori, senza tralasciare le molte contraddizioni di un’epoca che, comunque la si valuti, continua a incidere, se non connotare, la Genova di oggi.
Un viaggio entusiasmante in quella fucina di energie e visioni esistenziali che fu la Genova degli anni sessanta scandito, lungo tutto il percorso espositivo, dagli scatti di alcuni dei grandi fotografi genovesi attivi in quegli anni Lisetta Carmi e Giorgio Bergami soprattutto con disegni di architettura, arredi di design, grafica pubblicitaria, oggetti industriali, dipinti e sculture di autori di assoluto primo piano, da Lucio Fontana a Andy Warhol, da Mimmo Rotella a Vico Magistretti, da Gio Ponti a Franco Albini, da Angelo Mangiarotti a Eugenio Carmi.
L’allestimento del Teatro del Falcone – esso stesso luogo emblematico di quel decennio, punta dunque ad accompagnare il visitatore in un percorso cronologico e tematico, organizzato per sezioni intese quali frammenti di specifiche esperienze esemplificative di un determinato processo di sviluppo, attraverso i fatidici anni sessanta che inevitabilmente agirono anche da ponte di raccordo tra passato e futuro.
L’importante evento espositivo sarà accompagnato da un catalogo scientifico con saggi e schede delle opere esposte, edito da Silvana Editoriale, a firma non solo dei curatori ma anche di studiosi di chiara fama, che renderanno la pubblicazione un testo imprescindibile per indagare e conoscere quello straordinario decennio di storia, arte e cultura.
Torna la Biennale della Fotografia Femminile

Biennale della Fotografia Femminile – II Edizione, Mantova, dal 3 al 27 marzo 2022
Cosa vuol dire passare il testimone? Come è e sarà capace l’essere umano di gestire le sue eredità? Dall’intimità famigliare, dal nostro DNA, sino all’odierno dibattito sul lascito ambientale, passando dal patrimonio architettonico e culturale, per riflettere sul tema dell’eredità: cosa ci hanno lasciato le generazioni precedenti, e cosa ne faremo noi di conseguenza? Si cerca di analizzare il processo del cambiamento come una reazione prodotta da eredità collettive.
Non siamo dove siamo (solo) per scelte esterne a noi, ma il mondo si struttura nella sua complessità contingente per l’intersecarsi di scelte arbitrarie e desiderate dalle persone. Il presente e il futuro sono la prole del passato. E la scelta di oggi pone le basi per il nostro domani.
Costruire spazi culturali nuovi è un processo complesso e vitale per dare risalto a quelle narrazioni del nostro presente inascoltate e fondamentali.
Per questo nel 2018 nasce l’associazione culturale La Papessa, che come attività primaria ha scelto di dar vita alla Biennale della Fotografia Femminile.
La manifestazione si propone di colmare una grande mancanza nel panorama odierno, creando un luogo in cui mostrare una selezione del complesso autorato femminile in fotografia.
Ogni due anni il festival apre Mantova al mondo, curando una serie di mostre fotografiche con la direzione artistica di Alessia Locatelli e altri eventi collaterali come conferenze, proiezioni e workshop. Primo evento del suo genere in Italia, la manifestazione debutta nel 2020 con una prima edizione sul tema del “Lavoro”, visto e trattato da professioniste della fotografia nei suoi molteplici aspetti.
Il festival si pone come piattaforma di supporto e amplificazione non solo delle voci e sguardi femminili, ma anche di altre comunità marginalizzate la cui stessa esistenza è ignorata e messa in discussione. Nel nostro approccio la cultura è spazio di vita inclusivo.
Open Call
La open call per il Circuito Off della seconda edizione della Biennale della Fotografia Femminile è terminata. Sono arrivati progetti fotografici da ogni parte del mondo. La call era aperta esclusivamente a tutte le persone che si identificano come donne e che abbiano compiuto la maggiore età.
Il tema da esplorare è stato Legacy, al centro dell’edizione 2022 della Biennale. La parola è tradotta in italiano con “eredità, lascito”, benché l’originale inglese assuma significati più ampi.
Abbiamo scelto questo tema perché viviamo in un’epoca di grandi cambiamenti sociali, climatici, culturali, quasi tutti cambiamenti non iniziati dalla più recente generazione ma dalle precedenti. Tocca ora a noi usare questa eredità nel migliore dei modi per modellare il futuro.
Ci siamo chieste: come l’essere umano è e sarà capace di gestire le sue eredità?
Scegliendo tra i lavori delle autrici che verranno esposti, saranno disposti tre premi, conferiti da una giuria composta da: Mulieris Magazine, Fotofabbrica, Lomography.
Chi è La Papessa
L’associazione culturale La Papessa promuove la cultura fotografica, a partire dalla città di Mantova dove è nata. Il progetto parte da un’idea di Anna Volpi (Presidente) e Chiara Maretti (Vice Presidente), entrambe fotografe.
Il simbolo che rappresenta l’associazione è la figura de La Papessa: nei tarocchi una donna di potere spirituale e temporale, colei che trasmette conoscenza. Siamo un gruppo di artiste, fotografe, esperte di comunicazione visiva, ma anche di persone appassionate di arte e cultura in generale, unite dalla voglia di creare nuove realtà e opportunità nel mondo della fotografia.
Mission
Ci occupiamo della produzione fotografica femminile nel suo lungo percorso, dalle origini del mezzo alla scena contemporanea, attraverso attività educative e informative aperte sia al grande pubblico che a professioniste/i del settore.
Dagli albori di questa disciplina, le donne sono state attrici chiave nel trasformarne il linguaggio, diventando pioniere del mezzo. La fotografia non sarebbe la stessa ora, senza l’apporto di queste donne che spesso hanno dovuto sfidare ostacoli e pregiudizi nel loro percorso.
Nella scena contemporanea tantissime sono le artiste che continuano a fare della fotografia il proprio lavoro, contribuendo alla creazione e trasformazione dell’immaginario collettivo. Noi vogliamo esserne le portavoce.
Cliccaqui per leggere il programma della Biennale della Fotografia Femminile.
Ricordando – Giovanni Gastel – scatti tra arte, moda e personaggi

Triennale Milano rende omaggio al fotografo Giovanni Gastel (Milano, 1955 –2021) attraverso due mostre: The people I like, in collaborazione con il MAXXI Museo nazionale delle arti del XXI secolo, e I gioielli della fantasia, in collaborazione con il Museo di Fotografia Contemporanea.
Afferma Stefano Boeri, Presidente di Triennale Milano: “Giovanni Gastel è stato un sofisticato ritrattista del mondo. Non solo visi, ma corpi, mode, gioielli, tessuti, ambienti. Con un sorriso, faceva sembrare facile il gesto infallibile e preciso di un grande fotografo.
Dal 01 Dicembre 2021 al 13 Marzo 2022
MILANO
LUOGO: Triennale di Milano
INDIRIZZO: Viale Alemagna 6
ORARI: da martedì a domenica 11.00 – 20.00 (ultimo ingresso alle 19.00)
CURATORI: Uberto Frigerio
COSTO DEL BIGLIETTO: 8 €
E-MAIL INFO: info@triennale.org
SITO UFFICIALE: http://www.triennale.org
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BIOGRAFIA
Giovanni Gastel nasce a Milano il 27 dicembre 1955 da Giuseppe Gastel e Ida Visconti di Modrone, sorella di Luchino Visconti. Inizia da giovanissimo a recitare in teatro e pubblica anche una raccolta di poesie, Casbah, ma in seguito abbandona le prime passioni per dedicarsi alla fotografia: impara infatti a fotografare da autodidatta, in un seminterrato nella sua città natale.
Verso il 1975-76 fece il suo primo lavoro, per la casa d’aste londinese Christie’s.
Nel 1981 incontra Carla Ghiglieri, che diventa il suo agente e lo avvicina al mondo della moda, quindi collabora prima con Annabella, poi nel 1982 inizia a fotografare per Vogue Italia e in seguito, grazie all’incontro con Flavio Lucchini, direttore di Edimoda, e Gisella Borioli, per Mondo Uomo e Donna.
Fra gli anni ottanta e novanta la carriera di Gastel nel mondo della moda segue la crescita impetuosa del “Made in Italy“.
Gastel scatta per le campagne pubblicitarie di Versace, Missoni, Tod’s, Trussardi, Krizia, Ferragamo e molte altre grandi firme della moda.
Lavora anche in Francia per marchi come Dior, Nina Ricci, Guerlain, e poi lavora anche nel Regno Unito e in Spagna.
Parallelamente all’impegno professionale nella moda, Gastel si dedica alla ricerca personale e nel 1997 espone alla Triennale di Milano una mostra personale curata da Germano Celant.
Da allora le foto di Gastel appaiono su alcune delle più importanti riviste internazionali insieme a quelle di star della fotografia come Oliviero Toscani, Giampaolo Barbieri, Ferdinando Scianna, Helmut Newton, Richard Avedon, Annie Leibovitz e Mario Testino.

Negli ultimi anni, Gastel si dedica al ritratto: il suo lavoro culmina in una mostra al museo Maxxi di Roma nel 2020 con una selezione di 200 ritratti di persone del mondo della cultura, del design, dell’arte, della moda, della musica, dello spettacolo e della politica che lo stesso Gastel ha incontrato durante i suoi 40 anni di carriera.

Alcuni dei ritratti degni di nota includono Barack Obama, Ettore Sottsass, Roberto Bolle e Marco Pannella.
Muore il 13 marzo 2021 a Milano in seguito a complicazioni dovute al COVID-19.
LUIGI MENOZZI – “Intrepidi intrecci”
Fino al 22 novembre 2019.
Orari:
da lunedì a venerdì ore 10.00-12.00 e 16.00-18.00, chiuso sabato, domenica e festivi.
Arte e natura si danno la mano nelle fotografie di Luigi Menozzi negli spazi di BFMR & Partners a Reggio Emilia.
Curata da Sandro Parmiggiani, la mostra è inserita nel circuito Off di “Fotografia Europea”.
Lo studio di Dottori Commercialisti e Revisori Legali, da dieci anni sponsor ufficiale di “Fotografia Europea”, come di consueto promuove un progetto espositivo anche presso la propria sede, confermando l’impegno a sostegno dell’arte e della cultura in città.
Il percorso espositivo comprende una quarantina di fotografie scattate nel 2017-18 all’interno di due importanti parchi naturalistici e musei all’aperto – “Arte Sella”, nell’omonima valle di Borgo Valsugana (Trento) e “Domaine de Chaumont-sur-Loire”, nella Valle della Loira francese – per documentare l’impegno profuso da celebri artisti nella realizzazione di sculture e installazioni a partire da materiali naturali reperiti nelle vicinanze, come foglie, tronchi e pietre.
«Luigi Menozzi – scrive il curatore – si è soffermato su opere che testimoniano, insieme, la visione fantastica degli artisti e l’inesauribile linguaggio dei materiali, anche quando ci può sembrare che essi abbiano ormai fatto naufragio nel tempo e possano solo attendere la dissoluzione.
Come ha fatto fin dall’inizio, l’autore sviluppa i negativi analogici e stampa personalmente le proprie fotografie, cimentandosi anche con le antiche tecniche; le immagini di questa mostra sono “platinotipie”, che, grazie alla carta cotone e ai sali metallici al platino/palladio utilizzati, ci restituiscono le infinite vibrazioni tonali e la bellezza dei dettagli tridimensionali di ogni piccolo elemento che la natura racchiude nel suo scrigno».
BIOGRAFIA
Luigi Menozzi (Reggio Emilia, 1957) ha sempre focalizzato la propria attenzione sulla natura e sull’ambiente naturale, dapprima soffermandosi sul paesaggio, in seguito con ricerche e progetti più delineati e circoscritti.
Ha esposto in numerose personali e collettive in Italia ed all’estero, tra le quali: Musée N. Niépce Chalon-sur-Saone, 1992; “XXV Rencontres Internationales de la Photographie”, Arles, 1994; “Paesaggi italiani del ‘900”, Milano, 1999; “XL La collection photographique d’Arles”, Arles, 2005; “Un’arte glocale – da Reggio Emilia ad Albacete”, Albacete, 2005; “Divino naturale insomma eterno”, Fotografia Europea, Reggio Emilia, 2009; Biblioteca Panizzi, Reggio Emilia, 2010; Galleria Fotoforum, Bolzano, 2013; Palazzo Rosso, Genova, 2014; Galleria Zannoni, Fotografia Europea, Reggio Emilia, 2015; Castello Aragonese, Ischia, 2015; Sestri Levante, 2016; Cuneo, 2017; Novafeltria, 2018; Galleria MBN Art, Reggio Emilia 2018.
Sue fotografie sono conservate nelle collezioni di Biblioteca Panizzi e Musei Civici di Reggio Emilia, Musée Niépce a Chalon-sur-Saone, Musée Reattù ed Ecole Nationale de la Photographie di Arles, Bibliotheque Nationale de France a Parigi, Musée de la Photographie di Charleroi, Musée d’Art et d’Archéologie di Aurillac.
Vive e lavora a Reggio Emilia.
Fotografia Europea 2018
La fotografia rappresenta un punto di partenza fondamentale per riflettere e capire il complesso intreccio tra società e contemporaneità. Trattandosi però di una riflessione a tutto campo sull’immagine contemporanea, si confrontano sul tema non solo fotografi ma anche intellettuali, artisti, filosofi e scrittori.
Quest’anno la Fotografia Europea 2018 tratta
RIVOLUZIONI
Ribellioni, cambiamenti, utopie è il tema centrale
L’attenzione si focalizza sulle rivoluzioni come momenti e pratiche della ribellione, del cambiamento, del rinnovamento, che possono avere un immediato riscontro, portare a conseguenze dirette, ma che possono anche mantenere quel carattere utopico che ne caratterizza spesso l’origine ideale, o quel carattere di ritorno su se stesse delle cose.
Ma che significato può avere oggi il termine rivoluzione? Come si può rappresentare fotograficamente la rivoluzione oggi?”
Lo scopriremo attraverso gli scatti di artisti professionisti nel circuito ON 20-22 aprile e mostre fino al 17 giugno e anche nel circuito OFF.
Vedi programma Mostre
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ARTICOLO PRESENTE ANCHE SU
MARCO TRUZZI e IVANO DI MARIA – presentazione del libro “Sui confini” Europa, un viaggio sulle frontiere( Galleria )
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MARCO TRUZZI – presentazione del libro “Sui confini” Europa, un viaggio sulle frontiere
IVANO DI MARIA – Europe, around the bordes (Galleria)
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MARCO TRUZZI e IVANO DI MARIA – presentazione del libro “Sui confini” Europa, un viaggio sulle frontiere( Galleria )
SULLA DESTRA DI QUESTO BLOG
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Il racconto di Truzzi, accompagnato dalle fotografie di Ivano Di Maria, ha inizio a Ceuta che si trova in Africa; quanti disperati ogni giorno giungono al confine, ma non per entrare in Spagna, bensì per contrabbandare merci marocchine da vendere sul suolo spagnolo.
A Basilea, città svizzera dove si intrecciano tre confini nazionali; Trucci e Di Maria proseguono verso il Nord Europa, dalla Danimarca alla Svezia correndo in auto sul ponte dell’Øresund, anche in Nord Europa i due italiani scoprono quanto razzismo si annida tra le genti nordiche.
Quindi attraverso i confini della ex-Jugoslavia, infine fanno tappa a Ventimiglia e poi a Calais e infine a Idomeni, tutti luoghi tristemente noti per gli episodi di chiusura totale dei confini.
A Ventimiglia gente accampata sugli scogli; a Calais nella “giungla” fatta di baracche e tende senz’acqua e senza luce; e Idomeni dove i tantissimi bambini giocano nella polvere mentre la polizia greca e quella macedone sparano proiettili di gomma ad altezza d’uomo.
Come ultima tappa e non per importanza una visita ad Auschwitz, uno dei luoghi dove la follia razzista ha generato un vero e proprio inferno in terra.
Auschwitz, come altri campi di prigionia e sterminio non solo nazista, dovrebbero semplicemente essere lì per ricordarci gli errori del passato.
“Sui confini. Europa, un viaggio sulle frontiere” di Marco Truzzi (fotografie di Ivano Di Maria)
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Comune di Scandiano – Ufficio Cultura
tel. 0522/764258
cultura@comune.scandiano.re.it
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A VOSTRA DISPOSIZIONE PER QUALSIASI INFORMAZIONE O RICHIESTA CONTATTAMI
IVANO DI MARIA – Europe, around the bordes (Galleria)
A Scandiano (Reggio Emilia), nella stupenda location dell’Appartamento Estense – Rocca dei Boiardo la mostra fotografica “Europe, around the bordes” del fotografo Ivano Di Maria.
La mostra ( per tutte le età ) resterà aperta ancora sabato 24 marzo e domenica 25 marzo dalle ore 10 alle 13 e dalle 15 alle 19.
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IVANO DI MARIA – Europe, around the bordes (Galleria)
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Ringrazio vivamente la – Dott.sa Elisa Mezzetti – per l’invito a questo stupendo evento e per l’onore di poterlo fotografare.
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L’Amministrazione comunale ha organizzato, all’interno della seconda parte di iniziative della rassegna “Io accolgo”.
Un percorso per conoscere ed accogliere, la mostra fotografica di Ivano Di Maria dal titolo “Europe, around the bordes”.
Si tratta di un progetto che vuole raccontare i confini europei.
Alcuni di questi non sono che dei punti simbolici dove sopravvivono le tracce di un recente passato, altri invece, sono un dispiegamento di recinzioni, forze di polizia e postazioni di sorveglianza.
Ivano Di Maria parlerà del suo progetto e dei numerosi viaggi fatti di incontri, speranze, rabbie e profonde tragedie umanitarie.
Ingresso libero.
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Per informazioni
Comune di Scandiano – Ufficio Cultura
tel. 0522/764258
cultura@comune.scandiano.re.it
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Ivano Di Maria
BIOGRAFIA
Mi sono laureato al DAMS di Bologna con una tesi sulla fotografia sociale.
Fotografo professionista dal 2003, creo immagini per la comunicazione aziendale, l’editoria e le media e web agency.
Tra i progetti più recenti, una collaborazione con Ing. Ferrari S.p.a. , culminata nella realizzazione di un company profile e nella documentazione dei nuovi cantieri aziendali, e “Territori.Coop”, che seguo dal 2010 per conto di Coop Centrale Adriatica.
“Territori.Coop” stato insignito del premio all’innovazione “Amica dell’Ambiente 2011” promosso da Legambiente e del riconoscimento “Ethic Award 2011” per un futuro sostenibile, organizzato dal settimanale “GdoWeek”.
Lavoro inoltre a reportages di lungo termine su temi sociali e di attualità, indirizzati alla stampa e all’editoria.
Principali pubblicazioni:
VIVACEMENTE, indagine sull’imprenditoria giovanile in Italia, con testo di Francesca Parravicini (Franco Cosimo Panini, 2010).
CONCRETAMENTE, monografia sul laboratorio d’integrazione sociale, a cura del Centro Servizi per il Volontariato della Provincia di Reggio Emilia (2009).
100 FACCE 100 STORIE, monografia sui Centri Sociali di Reggio Emilia (Comune di Reggio Emilia, 2009).
AMBIENTARSI E’ NATURALE, monografia sui parchi di Reggio Emilia (Comune di Reggio Emilia, 2007).
TERRA, con testo di Corrado Augias (CRV, 2007).
ALLA LUCE DEL SOLE, racconto della vita quotidiana delle persone disabili tra difficoltà e speranze (Diabasis, 2006).
FUOCO, con testo di Alessandro Cecchi Paone (CRV, 2006).
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Storia della Rocca
La Rocca dei Boiardo è un edificio che domina il centro storico dell’abitato di Scandiano, in provincia di Reggio Emilia.
La costruzione, iniziata a partire dal XII secolo dalla famiglia dei Fogliano, prende il nome della famiglia Boiardo, che la abitò dal 1423 al 1560.
Fu costruita inizialmente come fortificazione di difesa, dotata di cinta muraria, di fossato con annesso ponte levatoio e di due torri di vedetta una delle quali andò distrutta.
L’edificazione del primo nucleo della Rocca dei Boiardo risale al 1315 ed ha evidenti scopi difensivi.
Successivamente l’edificio viene riconvertito ad uso abitativo quando il governo della città di Scandiano passò ai conti Boiardo dal 1423 al 1560.
Fu in questo periodo che vennero affrescate dal pittore della scuola bolognese Nicolò dell’Abate le scene dell’Eneide, rimosse nel 1772 e trasferite, nella “Gran Sala” del Palazzo Ducale di Modena, da dove, in seguito a un incendio che ne danneggiò irreparabilmente una parte, vennero poi trasferiti nella Galleria Estense di Modena dove sono tuttora custodite.
Saranno poi i Thiene, ad apportare modifiche sostanziali dell’edificio affidando il progetto all’architetto Giovan Battista Aleotti.
L’architetto Aleotti progettò l’imponente scalone che conduce ai piani superiori, ultimò il torrione nel lato ovest e si occupò della facciata sul lato sud.
Con le modifiche dell’architetto, la Rocca dei Boiardo acquisterà così forme molto simili a quelle attuali. Nei secoli successivi l’edificio fu abitato prima dai Bentivoglio e successivamente dagli Este di Scandiano, ramo cadetto degli Este, i quali introdussero decorazioni barocche.
Dopo i marchesi D’Este, la Rocca di Scandiano subì un periodo di abbandono e degrado prima di passare al marchese De Mari (1740-1777), per poi tornare nuovamente ai regnanti estensi.
Durante il periodo della rivoluzione francese la rocca rimase di proprietà dello Stato, per essere successivamente venduta a Paolo Braglia di Scandiano che la tenne fino alla Restaurazione, quando tornò nuovamente agli estensi che la utilizzarono come sede estiva per i cadetti dell’accademia modenese.
La Rocca subì un progressivo degrado fino al 1983 quando venne intrapreso il ciclo di lavori di restauro, da parte della Soprintendenza per i Beni Ambientali e Architettonici dell’Emilia Romagna.
Il 20 ottobre 2007 la Rocca di Scandiano viene data in gestione all’amministrazione comunale per 50 anni.
Nel maggio 2011 è stata allestita all’interno della rocca l’enoteca regionale , al fine di valorizzare i vini della zona (in particolare il Vino Spergola di Scandiano a denominazione comunale) e della regione Emilia-Romagna.
Appartamento estense
Il cosiddetto “Appartamento Estense“, collocato al piano terra dell’edificio, è certamente il più raffinato di tutta la struttura.
Le stanze al piano terra, risalenti al periodo cinquecentesco, formano il cosiddetto appartamento estense modificato nella sua veste attuale agli inizi del settecento dai marchesi d’Este; qui si susseguono in tutta la loro bellezza la sala del Camino, in stile rococò e la stanza del Drappo denominata così per un drappo che circonda la volta del cielo del soffitto.
La sala delle Aquile, del Festone, e quella dell’Alcova. Uscendo dall’appartamento si attraversa un breve tratto del cortile interno e si arriva al monumentale scalone, opera dell’arch. Giovan Battista Aleotti, detto l’Argenta.
A sinistra dello si trova una porta che conduce ai sotterranei del castello, sede delle vecchie prigioni.
Sala dell’Alcova
La maggior parte delle pitture della ultima sala, detta “dell’Alcova” risalgono probabilmente al XVIII sec.
L’evento narrato sulle quattro pareti ha forse a che fare con una qualche campagna militare Estense.
Sulle due pareti lunghe sono raffigurate: la preparazione della campagna militare (secondo moduli stilistici che richiamano “La scuola di Atene” di Raffaello) e la discesa in campo dell’esercito (secondo modi che si rifanno stilisticamente a Nicolò dell’Abate); sulle pareti corte: una divinità guerriera, lo scompiglio nella città vinta e la consegna della città i vincitori.
Il percorso di visita prende avvio dall’appartamento Estense, che vede succedersi le stanze di origine cinquecentesca, modificate così come le vediamo allo stato attuale, agli inizi del ‘700 dai Marchesi d’Este.
Questo percorso si snoda attraverso le diverse sale, che traggono il nome dal motivo dominante nella decorazione.
La “Sala dei Gigli”, ricca anche degli affreschi con vedute di Scandiano, di autore ignoto, la “Sala del Camino” in stile rococò e la “Sala del Drappo” dal prezioso drappo che circonda la volta del cielo sul soffitto, la “Sala dell’Alcova”, che presenta affreschi del ‘700 con scene di battaglia, ed infine la “Sala delle Aquile”, situata nel corpo della torre, dove sono raffigurati i busti di Luigi, Borso, Foresto e Rinaldo d’Este.
Le decorazioni di queste sale sono opera del Castellino, noto scultore modenese.
Scalone
Lo scalone monumentale della Rocca è stato concepito nella sua formulazione originaria da Giovan Battista Aleotti all’inizio del 1600. la scalinata a “tenaglia” è successiva di qualche anno e fu probabilmente voluta dalla famiglia Bentivoglio.
Le statue in terracotta raffigurano molto probabilmente personaggi della famiglia Thiene e furono realizzate nel 1619 dallo scultore genovese Giovan Battista Pontelli.
Sono quattro le statue superstiti che raffigurano, probabilmente, Marcantonio, Ottavio I, Giulio e Ottavio II Thiene.
Il Cortile
Il cortile della Rocca presenta molti elementi architettonici che testimoniano le stratificazioni artistiche succedutesi nei secoli. La parete sud mostra ancora una colonna (dell’originario portico quattro-cinquecentesco) con il caratteristico capitello, di gusto tardo medievale, “a foglia d’acqua” .
La parte ovest evidenzia (al di sotto dell’ultima cortina muraria settecentesca) diversi stili e consente di riconoscere, sotto gli archi acuti delle finestre, alcune tracce di affreschi monocromi cinquecenteschi.
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ARTICOLO PRESENTE ANCHE SU
IVANO DI MARIA – Europe, around the bordes
A Scandiano (Reggio Emilia), sabato 17 Marzo 2018, il Comune inaugura alle ore 11 Appartamento Estense – Rocca dei Boiardo la mostra fotografica Europe, around the bordes alla presenza dell’autore Ivano Di Maria.
Introduce Elisa Davoli Assessore Politiche Assistenziali e di Accoglienza
La mostra resterà aperta sabato 17 e 24 marzo e domenica 18 e 25 marzo dalle ore 10 alle 13 e dalle 15 alle 19.
Ringrazio vivamente la – Dott.sa Elisa Mezzetti – per l’invito a questo stupendo evento.
L’Amministrazione comunale ha organizzato, all’interno della seconda parte di iniziative della rassegna Io accolgo.
Un percorso per conoscere ed accogliere, la mostra fotografica di Ivano Di Maria dal titolo Europe, around the bordes.
Si tratta di un progetto che vuole raccontare i confini europei.
Alcuni di questi non sono che dei punti simbolici dove sopravvivono le tracce di un recente passato, altri invece, sono un dispiegamento di recinzioni, forze di polizia e postazioni di sorveglianza.
Ivano Di Maria parlerà del suo progetto e dei numerosi viaggi fatti di incontri, speranze, rabbie e profonde tragedie umanitarie.
Ingresso libero.
Per informazioni
Comune di Scandiano – Ufficio Cultura
tel. 0522/764258
cultura@comune.scandiano.re.it
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Ivano Di Maria
BIOGRAFIA
Mi sono laureato al DAMS di Bologna con una tesi sulla fotografia sociale.
Fotografo professionista dal 2003, creo immagini per la comunicazione aziendale, l’editoria e le media e web agency.
Tra i progetti più recenti, una collaborazione con Ing. Ferrari S.p.a. , culminata nella realizzazione di un company profile e nella documentazione dei nuovi cantieri aziendali, e “Territori.Coop”, che seguo dal 2010 per conto di Coop Centrale Adriatica.
“Territori.Coop” stato insignito del premio all’innovazione “Amica dell’Ambiente 2011” promosso da Legambiente e del riconoscimento “Ethic Award 2011” per un futuro sostenibile, organizzato dal settimanale “GdoWeek”.
Lavoro inoltre a reportages di lungo termine su temi sociali e di attualità, indirizzati alla stampa e all’editoria.
Principali pubblicazioni:
VIVACEMENTE, indagine sull’imprenditoria giovanile in Italia, con testo di Francesca Parravicini (Franco Cosimo Panini, 2010).
CONCRETAMENTE, monografia sul laboratorio d’integrazione sociale, a cura del Centro Servizi per il Volontariato della Provincia di Reggio Emilia (2009).
100 FACCE 100 STORIE, monografia sui Centri Sociali di Reggio Emilia (Comune di Reggio Emilia, 2009).
AMBIENTARSI E’ NATURALE, monografia sui parchi di Reggio Emilia (Comune di Reggio Emilia, 2007).
TERRA, con testo di Corrado Augias (CRV, 2007).
ALLA LUCE DEL SOLE, racconto della vita quotidiana delle persone disabili tra difficoltà e speranze (Diabasis, 2006).
FUOCO, con testo di Alessandro Cecchi Paone (CRV, 2006).
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ARTICOLO PRESENTE ANCHE SU
GIUSEPPE M. CODAZZI – Ritratti: verità e misteri dell’umano
Giuseppe Maria Codazzi. Ritratti: verità e misteri dell’umano – mostra fotografica
La mostra è curata da Sandro Parmiggiani, che firma il testo di presentazione.
Come di consueto, lo studio professionale di Piazza Vallisneri n. 4, che dal 2010 è sponsor di “Fotografia Europea”, promuove anche un’esposizione personale presso la propria sede, confermando l’impegno a sostegno dell’arte e della cultura in città.
In mostra, una quarantina di immagini in bianco e nero, stampate personalmente dall’autore su carta baritata.
Opere tratta da diverse serie fotografiche, dal 1979 al 2011, che focalizzano l’attenzione di Codazzi su soggetti assai diversi, comunque all’insegna della sua attenzione per l’appartenenza all’umano: dai jazzisti più celebri alle icone della musica e del balletto, ma anche persone comuni che passeggiano per strada e ancora gli “ultimi”, che lottano per la propria sopravvivenza in alcuni Paesi dell’Africa o che trovano assistenza e uno sguardo che finalmente ne riconosce l’identità nelle case della carità.
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Dove: BFMR & Partners – Dottori Commercialisti
Prossime date:
- giovedì 2 novembre 2017
- venerdì 3 novembre 2017
- lunedì 6 novembre 2017
- martedì 7 novembre 2017
- mercoledì 8 novembre 2017
- giovedì 9 novembre 2017
- venerdì 10 novembre 2017
- lunedì 13 novembre 2017
- martedì 14 novembre 2017
- mercoledì 15 novembre 2017
- giovedì 16 novembre 2017
- venerdì 17 novembre 2017
- lunedì 20 novembre 2017
- martedì 21 novembre 2017
- mercoledì 22 novembre 2017
- giovedì 23 novembre 2017
- venerdì 24 novembre 2017
Orari:
da lunedì a venerdì ore 10.00-12.00 e 16.00-18.00.
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Giuseppe Maria Codazzi
BIOGRAFIA
1952, 14 agosto, nasce a Nismozza (Reggio Emilia)
1971, diploma magistrale, Istituto “Matilde di Canossa”, Reggio Emilia
1972, studi universitari, “Alma Mater Studiorum”, Bologna
1977, inizia l’attività di fotografo
1983, inizia l’attività espositiva con “Ritratti Urbani”
1983, iscrizione all’Ordine dei Giornalisti di Bologna
Pubblicazioni
1983 – Ritratti Urbani
1986 – Nero di Jazz
1991 – Rwanda
1997 – Nel cuore della città
1997 – Fondazione Manodori
1997 – Nero su bianco – Una storia
1998 – Insieme
1999 – Saloon
2000 – Aqua
2000 – Le mani pensano (in coll. con S. Farri)
2002 – ASI Moto show, Varano de’ Melegari
2002 – Giuseppe Maria Codazzi fotografie
2003 – ASI Auto show, Roma
2003 – ASI Moto show, Varano de’ Melegari
2006 – Passion pulses here
2007 – Our power, your passion
2007 – Amahoro
2011 – Entrando nelle Case della Carità
ISO600 // Festival della Fotografia Istantanea
ISO600 – Festival della Fotografia Istantanea nasce da un’ idea dei fondatori del gruppo Polaroiders Alan Marcheselli e Carmen Palermo.
Un Festival interamente dedicato alla fotografia a sviluppo immediato, che si tratti di pellicole a distacco o integrali, il cui scopo è creare ed esporre pezzi unici, in opposizione ai sensori digitali che esaltano la produzione in serie e riducono il ruolo creativo della casualità.
Alla base, il desiderio di utilizzare le tecnologie introdotte dal genio di Edwin Land più di sessanta anni fa, spina dorsale di un movimento pop artistico che tutt’oggi si distingue per la propria originalità.
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ISO600
è un evento
in collaborazione con www.polaroiders.it
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ISO600
HOME: https://www.iso600.it/
LOCATION: https://www.iso600.it/location/
PROGRAMMA: https://www.iso600.it/programma/
CONTATTI: https://www.iso600.it/contatti/
GIUSEPPE M.CODAZZI – “JAZZ” con un omaggio a Henghel Gualdi
GIUSEPPE M.CODAZZI – “JAZZ” con un omaggio a Henghel Gualdi – mostra fotografica
SAN MARTINO IN RIO (20 km da Reggio Emilia) nell’ambito della “Fotografia Europea 2016” , si porta all’attenzione dei gentili visitatori la mostra nelle magnifiche Sale del Teatro e delle Aquile della Rocca Estense – Corso Umberto I, 22 dal 15-05-2016 al 31-07-2016 – Orari: sabato 10-12,30; domenica 10-12,30 e 15,30-19. – Info: Comune tel. 0522 636709; Biblioteca tel. 0522 636719 del noto fotografo reggiano Giuseppe Maria Codazzi.
Si tratta di venti ingrandimenti di fotografie rigorosamente in bianco e nero scattate negli anno ’80 ai concerti delle rassegne jazz a Reggio Emilia e non solo e di un piccolo reportage realizzato nell’archivio Henghel Gualdi ( Correggio, 4 luglio 1924 Bologna, 16 giugno 2005)
E’ stato un musicista e clarinettista italiano, molto conosciuto anche all’estero, da molti ritenuto il miglior clarinettista jazz italiano di tutti i tempi.
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Una selezione di fotografie, arricchita da un nucleo dedicato al noto clarinettista sammartinese, da leggersi in una duplice visione: il suo valore simbolico per la simbiosi tra il mondo del jazz internazionale e la figura di Henghel e la visione soggettiva dell’autore nell’intreccio di immagini che si fanno racconto e viaggio dove la musica e tanti personaggi, che non ci sono più, vivono e continuano a vivere per i nostri occhi.
Il jazz è lì, nascosto tra le fotografie che legano i protagonisti, tutti celebri, ad emozioni e ricordi, a luoghi, a atmosfere, improvvisazioni e geografie musicali, che abbiamo già conosciuto e vissuto ascoltando certi brani di Gualdi.
E così un frammento dopo l’altro, attraverso l’obiettivo, si compone questo patrimonio eccezionale dei grandi nomi del jazz mondiale, tutti “passati” nei teatri di Reggio Emilia, nei club o nelle varie rassegne, un insieme di caratteristiche, uniche ed esclusive, un panorama che ci aiuta anche a comprendere chi era Henghel, da dove veniva la sua passione che ancora oggi non è dispersa e che rivediamo nelle immagini di Codazzi.
Giulia Luppi assessore alla Cultura (Comune di San Martino in Rio)
sono convinta che la dialettica artistica di questo fotografo, la cui narrazione è evocativa e potente, saprà conquistare il nostro pubblico, immergerlo in una realtà che va oltre i confini fisici dell’immagine e che, nell’indagine attraverso i visi, gli strumenti, saprà creare lo spettacolo visivo che ben sapranno cogliere gli appassionati della musica jazz, e non solo.
L’auspicio è che questa mostra venga visitata e apprezzata dai giovani noi lavoreremo come nostra abitudine con la scuola affinché possano approfondire un segmento importante e oltremodo significativo del mondo della musica.
Il nostro Henghel Gualdi, che tanto ci teneva ad insegnare ai ragazzi l’amore per il jazz, ne sarebbe contento così come lo siamo noi di “stimolare”, grazie all’omaggio di Giuseppe Maria Codazzi, ancora una volta il suo ricordo di clarinettista di rilievo nel panorama jazzistico, di icona del clarinetto, “che deve andare avanti, passare di generazione in generazione evolvendosi e trasformandosi secondo i tempi riconoscendone però, sempre, le origini che sono poi uno degli elementi che ci permettono di pensare al domani”.
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Giuseppe Maria Codazzi
BIOGRAFIA
1952, 14 agosto, nasce a Nismozza (Reggio Emilia)
1971, diploma magistrale, Istituto “Matilde di Canossa”, Reggio Emilia
1972, studi universitari, “Alma Mater Studiorum”, Bologna
1977, inizia l’attività di fotografo
1983, inizia l’attività espositiva con “Ritratti Urbani”
1983, iscrizione all’Ordine dei Giornalisti di Bologna
Pubblicazioni
1983 – Ritratti Urbani
1986 – Nero di Jazz
1991 – Rwanda
1997 – Nel cuore della città
1997 – Fondazione Manodori
1997 – Nero su bianco – Una storia
1998 – Insieme
1999 – Saloon
2000 – Aqua
2000 – Le mani pensano (in coll. con S. Farri)
2002 – ASI Moto show, Varano de’ Melegari
2002 – Giuseppe Maria Codazzi fotografie
2003 – ASI Auto show, Roma
2003 – ASI Moto show, Varano de’ Melegari
2006 – Passion pulses here
2007 – Our power, your passion
2007 – Amahoro
2011 – Entrando nelle Case della Carità
ERMANNO FORONI – “Se questi sono uomini”
REGGIO EMILIA (40 km da Parma) nell’ambito della “Fotografia Europea 2016” , si porta all’attenzione dei gentili visitatori la mostra dal 13-05-2016 al 25-11-2016 del noto fotografo reggiano Ermanno Foroni.
Volti sublimi e dignità dolente dell’umano nelle immagini di Ermanno Foroni, autore reggiano che da oltre trent’anni ha fatto della fotografia la ragione della sua vita, girando il mondo alla ricerca della verità, impressa sui volti e sulle mani di milioni di persone che vivono in povertà e sofferenza.
BFMR & Partners Dottori Commercialisti, studio professionale di Piazza Vallisneri 4 Reggio Emilia, ospita una quarantina di sue fotografie analogiche in bianco e nero, oltre ad alcuni scatti a colori, realizzati dal 1986 ad oggi.
La mostra s’intitola “Se questi sono uomini” in riferimento alla celebre opera memorialistica di Primo Levi, punto di partenza per una riflessione che si estende, più in generale, alla condizione umana.
«Ermanno Foroni – scrive il critico Sandro Parmiggiani – si è incamminato, per la prima volta trent’anni fa e poi con tenacia e passione fino a fare della fotografia la ragione e il destino della propria vita, sulle strade aspre, spesso ostili, di un mondo in cui la fatica e la sofferenza ancora sono il pane quotidiano di milioni di persone, non certo per scelte e colpe nitidamente loro attribuibili.
Partendo dal Brasile dei garimpeiros, che cercano l’oro in un ambiente che pare avere trasformato in realtà i gironi dell’Inferno immaginati da Dante, Ermanno si è calato con i “dannati della terra” nelle viscere di altre miniere (di carbone in Romania, d’argento in Bolivia, di zaffiri in Madagascar, d’oro e di coltan in Congo, di diamanti in Sierra Leone), e si è messo sulle tracce degli offesi e degli umiliati, dei vinti, a Sarajevo, in Palestina, Romania, Turchia, Marocco, Salvador, India, Bangladesh, Yemen, Kenia, Saharawi, Sierra Leone, Sud Africa, Afghanistan, Portogallo, e in “città-universo” quali New York, Parigi e Napoli.
Non insegue, questo globetrotter, nella sua immersione “senza rete” nel reale, il fascino formale di immagini edulcorate, né la ricerca della “posa” o della “bella fotografia” né tantomeno fa ricorso alle manipolazioni dell’elettronica, ma la verità e l’immediatezza di occhi, visi, mani, corpi di persone che vivono immersi nel dramma della guerra e della povertà, e che davanti al suo obiettivo rivelano il volto sublime e la dignità dolente dell’umano».
Orari di apertura al pubblico: da lunedì a venerdì 10-12 e 16-18. Fino al 25 novembre 2016
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Ermanno Foroni
BIOGRAFIA
Nasce a Reggio Emilia nel 1958. Da subito pone particolare attenzione ai temi sociali dell’emarginazione, dello sfruttamento del lavoro minorile e della condizione femminile.
Nel 1986 , un viaggio in Brasile trasforma l’interesse per la fotografia in passione ed impegno sociale. Seguono, negli anni successivi, vari reportage in diversi luoghi del pianeta: Brasile, Napoli, Sarajevo, Sooweto, Varanasi (India), Nazaré (Portogallo), Sanà (Yemen), …ecc.
Da queste esperienze sono nate diverse pubblicazioni: “La fatica di vivere” (Monografia FIAF), “Uomini senza” (UNESCO), “I colori del nero” (Diocesi di Reggio Emilia), “Sighetu Marmatiei: il ritorno del sogno” (CISL di Reggio Emilia), “Afganistan” (Comune di Casalgrande). Sua è anche la copertina del libro: “Korogocho. Alla scuola dei poveri” di padre Alex Zanotelli pubblicato da Feltrinelli.
Ha esposto in numerose mostre personali e collettive.
NOTA CRITICA
C’è ancora un motivo per la fotografia di reportage? C’è uno sbocco? C’è un interesse comune? Questa non vuol essere una difesa, ma una breve riflessione su di un filone espressivo che ha avuto il suo fulgore nei decenni in cui la stampa accoglieva i reportage fotografici come testimonianza di eventi non diversamente comunicabili.
Gli articoli, ovvero le parole, non sono quasi mai sufficienti ad esprimere impressioni e realtà che, per la loro complessità hanno bisogno di essere “visti”, se non dal vivo almeno da quella “impressione del vivo” che la fotografia riesce ad essere e dare.
Occorrono per questa funzione di testimonianza fotografi, uomini e donne, che rispetto agli altri sono come strumenti tarati in modo diverso.
Misurano ciò che vedono da angoli visuali che si appoggiano sulla loro personale concezione critica del mondo. In molti di questi fotografi spirito di avventura, curiosità e onestà, e il senso di missione che danno al loro lavoro sono le caratteristiche principali. Qui sta la loro credibilità e qui c’è il riscontro dell’interesse del pubblico per i fatti ed i temi che vengono mostrati.
Il motivo per cui il reportage ha perso interesse immediato per le pagine della stampa lo conosciamo: basta guardare un telegiornale per vedere come eventi di rilevanza mondiale vengano raccontati a parole dette, con il sottofondo di brevi sequenze filmiche che si ripetono addirittura più volte durante l’esposizione verbale e magari riguardano fatti marginali o sono, capita anche questo, filmati di repertorio, o brani di situazioni diverse o forse anche invenzioni visive create per l’occasione.
Non per niente qualcuno, e non ultimi noi, abbiamo cercato prima di imparare e poi di insegnare la lettura delle immagini fisse o in movimento, per capirne le verità e le mistificazioni.
E dato che siamo nel sistema delle “comunicazioni”, per recepirne i messaggi veri distinguendoli dai falsi.
La figura del fotoreporter ha assunto nel corso dei tempi le più svariate configurazioni, dal paparazzo all’inviato speciale, dal free lance al testimonial e loro sfumature. La questione etica è importante, non per niente un fotografo di forte calibro morale, Gianni Berengo Gardin, applica dietro alle proprie fotografie un timbro che afferma l’opera “non inventata o creata al computer”.
Il reportage, ovunque sia fatto e qualsiasi argomento tratti, deve essere vissuto in prima persona e riportato nella sua integrità documentaria e concettuale. Deve, così ci si aspetta, far fede.
E’ questo il modo di lavorare di Ermanno Foroni. Il suo modo di essere fotografo motiva questo articolo. Ermanno forse, per quanto detto sopra, arriva al grande reportage in tempi un po’ consumati. Ma la sua vocazione è più prepotente dei tempi.
E se i settimanali quali Life e da noi, Epoca, Tempo, l’Europeo, Il mondo, non ci sono più, oggi resta il ricordo della loro azione nelle proposte di grandi servizi fotografici. Restano le fotografie e, per loro, i libri e le mostre. La nostra cultura li esige. Ne abbiamo bisogno come abbiamo bisogno della memoria per dare giustificazione al presente e scopo al futuro.
Dobbiamo continuare su questa strada, per non addormentarci sempre e supinamente in effimere illusioni colorate, droghe di forme e di sensazioni, nelle quali dimenticare quanto c’è dentro a nomi geografici quali Brasile, Bolivia, Afghanistan, Salvador, Romania, Palestina, India, Bangladesh.
Intorno al 1985 Ermanno ha iniziato a fotografare, per istinto e non per professionismo. Ad alcuni di noi “lettori” di portfolio è sortito “leggere” suoi reportage, entrare nello stato d’animo che lo ha guidato nel suo fotografare e dirgli che ci sono ancora spazi. Si, ci sono, perché nessuno è indifferente, perché come lui “all’improvviso ti trovi dinanzi un uomo incrostato di terra, ma finalmente eretto, incapace di sorridere, ma sgravato del basto”, perché “dove un tempo sbarcavano i predatori di metalli preziosi, oggi scopri una nuova razza, che si accampa e vive degli avanzi marcescenti della civiltà metropolita”, perché “in Afghanistan si impara presto che l’integrità fisica può essere un lusso”, perché, perché, perché?
Chi deve rispondere? In fondo noi spettatori, noi coro, siamo dentro ad un processo dove c’è il testimone che porta le prove ma manca il giudice e manca l’imputato.
Forse siamo noi spettatori, noi coro, a dover svolgere quelle funzioni, a farcene carico. Ecco il motivo per cui il reportage ha ancora senso, ecco perché le mostre e i libri come “Uomini senza” devono essere visti, ed ecco perché tra tanti balocchi e profumi che ci riempiono gli occhi la fotografia invece, in certi casi, può aprirceli.