27 Gennaio Giorno della Memoria
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“Gam gam”
Versione di Morricone giornata della memoria
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A circa sei chilometri da Carpi (MO), in località Fossoli, è ancora visibile il Campo costruito nel 1942 dal Regio Esercito per imprigionare i militari nemici.
Nel dicembre del 1943 il sito è trasformato dalla Repubblica Sociale Italiana in Campo di concentramento per ebrei.
Dal marzo del 1944 diventa Campo poliziesco e di transito (Polizei und Durchgangslager), utilizzato dalle SS come anticamera dei Lager nazisti.
I circa 5.000 internati politici e razziali che passarono da Fossoli ebbero come destinazioni i campi di Auschwitz-Birkenau, Mauthausen, Dachau, Buchenwald, Flossenburg e Ravensbrück.
… Scomparvero così, in un istante, a
tradimento, le nostre donne, i nostri genitori, i nostri figli… Li vedemmo un po’ di tempo come una massa oscura all’altra estremità dalla banchina, poi non vedemmo più nulla. … Primo Levi
Dodici i convogli che si formarono con gli internati di Fossoli, sul primo diretto ad Auschwitz, il 22 febbraio, viaggiava anche Primo Levi che rievoca la sua breve esperienza a Fossoli nelle prime pagine di “Se questo e un uomo” ……..Quando non si riesce a dimenticare, si prova a perdonare ……. e nella poesia “Tramonto a Fossoli”.
Fossoli è stato il campo nazionale della deportazione razziale e politica dall’Italia.
Tra il 1945 e il 1947 è campo per “indesiderabili”, ovvero un centro di raccolta per profughi stranieri.
Dopo la fine della guerra il Campo è utilizzato a scopo civile.
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MONUMENTO AL DEPORTATO
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….. Se capire è impossibile, conoscere è necessario. ….. Primo Levi
Nato il 31 luglio del 1919 a Torino, da genitori di religione ebraica, Primo Levi si diploma nel 1937 al liceo classico Massimo D’Azeglio e si iscrive al corso di laurea in chimica presso la facoltà di Scienze dell’Università di Torino. Nel ’38, con le leggi razziali, si istituzionalizza la discriminazione contro gli ebrei, cui è vietato l’accesso alla scuola pubblica. Levi, in regola con gli esami, ha notevoli difficoltà nella ricerca di un relatore per la sua tesi: si laurea nel 1941, a pieni voti e con lode, ma con una tesi in Fisica. Sul diploma di laurea figura la precisazione: «di razza ebraica». Comincia così la sua carriera di chimico, che lo porta a vivere a Milano, fino all’occupazione tedesca: il 13 dicembre del ’43 viene catturato a Brusson e successivamente trasferito al campo di raccolta di Fossoli, dove comincia la sua odissea. Nel giro di poco tempo, infatti, il campo viene preso in gestione dai tedeschi, che convogliano tutti i prigionieri ad Auschwitz.
È il 22 febbraio del ’44: data che nella vita di Levi segna il confine tra un “prima” e un “dopo”.
«Avevamo appreso con sollievo la nostra destinazione. Auschwitz: un nome privo di significato, allora e per noi» (P. Levi, “Se questo è un uomo”, Einaudi 1998, p. 15).
In fretta e sommariamente viene effettuata una vera e propria selezione: «In meno di dieci minuti tutti noi uomini validi fummo radunati in gruppo. Quello che accadde degli altri, delle donne, dei bambini, dei vecchi, noi non potemmo stabilire allora né dopo: la notte li inghiottì, puramente e semplicemente» (Op. cit., p. 17).
L’autore è deportato a Monowitz, vicino Auschwitz, in un campo di lavoro i cui prigionieri sono al servizio di una fabbrica di gomma. Al lager, persi nei loro pensieri, presi da mille domande, da ipotesi continue che per quanto catastrofiche, non si avvicinano neanche lontanamente alla verità, si ritrovano in pochissimo tempo rasati, tosati, disinfettati e vestiti con pantaloni e giacche a righe. Su ogni casacca c’è un numero cucito sul petto. I prigionieri vengono marchiati come bestie.
Il loro compito: lavorare, mangiare, dormire, OBBEDIRE. Il loro intento: sopravvivere. Dietro quel numero non c’è più un uomo, ma solo un oggetto: häftling, cioè “pezzo”. Se funziona, va avanti. Se si rompe, è gettato via.
Levi è l’häftling 174517. Funzionante.
Primo Levi è tra i pochissimi a far ritorno dai campi di concentramento. Ci riesce fortunosamente, grazie a una serie di circostanze e solo dopo un lungo girovagare nei Paesi dell’est.
Quale testimone di tante assurdità, sente il dovere di raccontare, descrivere l’indescrivibile, affinchè tutti sappiano, tutti si domandino un perché, tutti interroghino la propria coscienza: comincia a scrivere, elaborando così il suo dolore, il suo annientamento, il suo avventuroso ritorno a casa. Nel ’47, rifiutato dalla Einaudi, il manoscritto “Se questo è un uomo” è pubblicato dalla De Silva editrice.
Il libro ottiene un discreto successo di critica ma non di vendita. Solo nel ’56 la Einaudi comincia a pubblicare tutti i suoi lavori: Se questo è un uomo è tradotto in diverse lingue, “La Tregua” vince la prima edizione del Premio Campiello. Nel ’67 raccoglie i suoi racconti in un volume intitolato Storie naturali adottando lo pseudonimo di Damiano Malabaila. Nel ’71 esce Vizio di forma, nuova serie di racconti e nel ’78 La chiave a stella che vince il Premio Strega. Nel ’81 viene edita un’antologia personale dal titolo La ricerca delle radici nella quale sono raccolti tutti gli autori che hanno contato nella formazione culturale dell’autore. Nel novembre dello stesso anno esce Lilìt e altri racconti e l’anno successivo Se non ora quando? che vince il Premio Viareggio e il Premio Campiello. Nel frattempo Levi lavora anche come traduttore. Nell’ottobre del ’84 pubblica Ad ora incerta e a dicembre Dialogo in cui riporta una conversazione avuta con il fisico Tullio Regge. Nel novembre dello stesso anno esce l’edizione americana del Sistema periodico e nel gennaio del ’85 una cinquantina di scritti pubblicati precedentemente su diverse testate, raccolti in un volume unico intitolato L’altrui mestiere. Nel 1986 pubblica I sommersi e i salvati.
L’11 aprile del 1987 Primo Levi muore. Dirà di lui Claudio Toscani: «L’ultimo appello di Primo Levi non dice non dimenticatemi, bensì non dimenticate».
Complimenti bellissimo articolo, molto toccante.
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bel post… per non dimenticare…
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…. Se capire è impossibile, conoscere è necessario. ….. Primo Levi.
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Per non dimenticare
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Concordo
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Perdere il passato significa perdere il futuro.
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Occorre fornire alle nuove generazioni gli strumenti, anche empirici, per riflettere su cosa l’umanità è stata in grado di fare, perché non accada più.
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Speriamo che la gioventù si documenti sulla storia d’Italia del 900, visto che, chi ha tenuto la memoria sull’olocausto e ciò che ne è conseguito, man mano, per giunti limiti d’età, tende a lasciare questo mondo e, sono sempre meno coloro che evocano ciò che hanno dovuto patire per mano dei fascisti e dei nazisti.
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Un popolo che non conosce il prorio passato è senza futuro.
Nel mio piccolo ho cercato attraverso diversi articoli (Giornata della Memoria – Per non dimenticare -27 Gennaio Giorno della Memoria – Giornata della Memoria – ANNA FRANK…….NON DIMENTICHIAMO – Giornata della Memoria ( Stelle di Panno ) – Giornata della Memoria – IL CASO KAUFMANN – Giovanni Grasso -Giornata della Memoria – I Pirati di Edelweiss: i Giovani che sfidarono Hitler ballando il Jazz – Ricordando Gino Bartali: tutto sul campione italiano ) di ricordare e far conoscere a chi non gli ha vissuti questi tragici eventi.
«L’ultimo appello di Primo Levi non dice non dimenticatemi, bensì non dimenticate»
Chi salva una vita salva il mondo intero
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