Gli 8 consigli di Leonardo per restare in salute iniziano a tavola


Il Genio Universale

Leonardo Da Vinci è stato ed è la massima espressione del genio umano.
Definito divino dai suoi contemporanei quest’uomo a dir poco straordinario ha elevato, sublimandole, le arti e le scienze anticipando di secoli applicazioni tecniche ed invenzioni rivoluzionarie, frutto di un’incessante sete di conoscenza ed un lavoro infaticabile.

Durante la sua lunga vita Leonardo seppe mantenersi sempre in buona forma, seguendo rigorosamente alcune semplici regole da lui stesso redatte.
Questi consigli si adattano perfettamente a tutti di noi, trattando del mangiar bene così come di pratiche di vita quotidiana.

Abbiamo selezionato i più preziosi, nella speranza che anche voi possiate approfittare della loro grande saggezza e per chiudere in bellezza, alla fine dell’articolo, vi sveleremo qual è il piatto preferito da Leonardo!

Non mangiare senza appetito

Cosa c’è di più attendibile della nostra voce interiore?
Sembra banale ma mangiare senza appetito significa appesantire il proprio intestino, affaticandoci inutilmente: non ne hai bisogno.

La cena dev’essere sempre leggera

Vietato appesantirsi prima di andare a letto, compromettendo la digestione ed un buon riposo.

Scegliete sempre di mangiare meno e/o piatti ricchi di verdure, di cereali o legumi. Alla sera lasciate che sia il sonno a ristorarvi.

Mastica bene

Masticare bene ciò che mangi permette di approfittare al massimo degli elementi nutritivi degli alimenti, di facilitare la digestione ma soprattutto di gustare a fondo di ciò che mangiamo.

Leonardo aveva capito ed anticipato di secoli (anche) le scienze alimentari.

Ciò che mangi dev’essere molto semplice e ben cotto

Uno degli aforismi più famosi di Leonardo riguarda la semplicità, definita dal maestro “ultima sofisticazione”.
Chi ha orecchi per intendere, intenda. 

Resta verticale dopo i pasti

Non cedere mai alla tentazione di sdraiarti sul divano, o peggio, a letto dopo aver mangiato.

Così facendo s’intralcia il lavoro dell’intestino, allungando e peggiorando la digestione. Al contrario, fare due passi all’aria aperta sarebbe di grande beneficio.

Non cedere al sonno dopo pranzo

Vinci la piccola lotto contro il sonno post pranzo, non è poi così difficile. Conserva piuttosto la fatica per la notte, dormirai e riposerai molto meglio.

Sii sobrio verso il vino, bevine spesso ma poco e mai al di fuori dei pasti o a digiuno

Forse ricordate i vostri nonni sostenere con convinzione che bere un bicchiere di vino a pasto fa bene, e forse avete sempre dubitato della loro parola.

Sappiate che Leonardo ebbe la loro stessa intuizione, consigliando di bere vino spesso, sempre e solo durante i pasti, in quantità moderata e mai a digiuno. Complimenti a nostri nonni e…Cin cin! 

Non ritardare mai la visita alla toilette

La prima regola della buona salute che vi abbiamo svelato insegna ad ascoltarsi e così fa quest’ultima. Quando sentite il bisogno di andare alla toilette, non ritardatelo mai affinchè tutto si svolga nei migliori tempi e modi possibili!

Queste sono le regole di buona salute, ci raccomandiamo: mettetele in pratica e ne ricaverete grandi benefici.

Non è ancora finita, continuate a leggere che vi sveliamo il piatto preferito da Leonardo!

Minestrone

“Il maestro si diletta con insalate, frutta, verdure (di stagione n.d.r.), cereali, funghi e pasta; sembra però avere una predilizione per il minestrone.”
Ebbene si tratta del minestrone e, considerandone gli innumerevoli benefici, non ci sorprende poi più di tanto!

Come eliminare la muffa dal silicone della doccia


Il bagno di casa, purtroppo, è la stanza che più accumula umidità. Ed è soprattutto la zona doccia quella più soggetta alla formazione della muffa.

Ma togliere quel nero sul silicone della doccia è possibile utilizzando alcuni ingredienti naturali.

Vediamo insieme quali sono! Ricordate di Utilizzare sempre guanti e mascherina quando venite a contatto con macchie di muffa.

Bicarbonato

Il primo metodo che potete provare per rimuovere la muffa dal silicone della vostra doccia è il bicarbonato.

Tutto ciò che dovrete fare è creare una soluzione fatta da un litro di acqua3 cucchiai di bicarbonato di sodio e 3 cucchiai di sale fino da cucina.

Mescolate tutti gli ingredienti e versate la soluzione in un flacone spray.

Per un’azione più efficace, potete aggiungere anche 3 cucchiai di acqua ossigenata. Spruzzate la miscela sul silicone della doccia ammuffito e lasciate agire per circa 20 minuti.

Dopodiché utilizzate uno spazzolino e rimuovete delicatamente la macchia di muffa. Infine, risciacquate con acqua abbondante.

Potete ripetere l’operazione più volte fino a quando la muffa sarà rimossa.

Rimedio dell’ovatta

Quando la muffa nel box doccia è ostinata, possiamo provare il rimedio dell’ovatta per eliminare le macchie di nero negli angoli e sul silicone.

Basteranno solo alcuni ingredienti, come acqua ossigenata, sale e bicarbonato.

Succo di limone

Un ulteriore rimedio molto efficace per eliminare la muffa dal silicone della doccia consiste nell’utilizzare il succo di limone.

Iniziate con il versare un po’ di bicarbonato direttamente sulla macchia di muffa.

Bagnate, poi, il silicone con acqua calda e lasciate agire il bicarbonato per circa mezz’ora.

Nel frattempo, in uno spruzzino aggiungete dell’acqua e il succo di un limone.

Spruzzate un po’ di questa miscela sulla macchia cosparsa di bicarbonato. Utilizzate, poi, la parte abrasiva di una spugna per rimuovere lo sporco e la muffa, senza strofinare ma tamponando. Continuate a spruzzare la soluzione più volte fino a quando il silicone non sarà totalmente sbiancato.

Aceto bianco

Quando si parla di muffa nella doccia, non si può ignorare l’efficacia dell’aceto di vino bianco, un ingrediente molto utilizzato anche per rimuovere macchie di calcare e per diverse pulizie di casa:

Create, quindi, una soluzione fatta di 2 tazze di aceto in un 1 litro di acqua. La miscela ottenuta sarà ottima per pulire anche le piastrelle e le ceramiche del bagno.

Versate il tutto in un flacone spray e spruzzate la miscela sul silicone ammuffito. Lasciate agire per circa 15 minuti e poi risciacquate.

Acido citrico

Infine, potete utilizzare l’acido citrico, un’alternativa più ecologica rispetto all’aceto di vino bianco.

Anche questo ingrediente, infatti, risulta essere molto efficace in caso di macchie di muffa, grazie alla sua azione anticalcare e al suo potere sbiancante.

Create una soluzione composta da un litro di acqua e 150 grammi di acido citrico. Versate un po’ della miscela sulla macchia di muffa e lasciatela agire per circa 15 minuti.

Dopodiché, utilizzate una spugnetta e tamponate delicatamente per rimuovere tutto lo sporco.

Ma gli utilizzi dell’acido citrico non finiscono qui! La stessa soluzione si rivela versatile per diverse problematiche casalinghe.

Ricordiamo di contattare uno specialista in caso di macchie di muffa ingenti.

Come togliere la muffa nera dal silicone del box doccia?

Puoi togliere la muffa nera dal silicone del box doccia spruzzando della classica acqua ossigenata da supermercato. Lascia agire per 20 minuti e tampona con una spugna.

Perché il silicone della doccia diventa nero?

Il silicone della doccia diventa nero a causa dell’umidità. Facciamo docce ogni giorno e non sempre la stanza è ben arieggiata né ci ricordiamo di asciugare tutte le componenti.

Come si leva la muffa dal box doccia?

Prova a spruzzare una soluzione di acqua calda e percarbonato di sodio, lasciando agire per una mezz’ora. La muffa dal box doccia dovrà ridursi.

Come non far creare la muffa in bagno?

Per non avere muffa in bagno, ricorda di arieggiare l’ambiente molto spesso, soprattutto quando usi la doccia o la vasca. I vapori generano umidità, che favorisce la comparsa della muffa.

Il Superbonus è – un mostro ci vuole una stretta Giorgetti contro i compromessi


Il ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, non usa mezzi termini nel definire il Superbonus: è diventato un vero e proprio “mostro” che sta minando le fondamenta della finanza pubblica.

Durante un discorso nell’Aula della Camera dove il Def ha ottenuto l’approvazione con 197 voti a favore, 126 contrari e 3 astenuti Giorgetti ha addirittura paragonato il bonus 100% a una droga psichedelica, un “Lsd” per i conti dello Stato, sottolineando la necessità di porre fine al lassismo, ai sussidi e all’accumulo di debito.

L’aumento del deficit al 7,4% nel 2023, il più alto nell’Unione europea, ha sollevato preoccupazioni tra le agenzie di rating. 

Fitch, che il prossimo 3 maggio aggiornerà il giudizio sul merito di credito italiano (attualmente BBB con outlook stabile), avverte che un rapporto debito/Pil al 110% potrebbe portare il debito a livelli insostenibili, mentre il governo spera di limitarlo al 139,6%.

Anche Bankitalia ha lanciato un segnale di allarme a Palazzo Chigi con una memoria depositata in commissione Finanze del Senato: se l’ultima stretta non funziona, bisognerà eliminarlo prima del 2025.

Giorgetti ha fatto capire anche ai suoi colleghi di maggioranza di non essere disposto ad accettare compromessi sulla questione. Egli propone un intervento drastico, come l’estensione da 4 a 10 anni del periodo di recupero dei crediti di imposta legati al Superbonus, insieme a nuove misure restrittive, incluse restrizioni sulla cessione dei crediti e sui lavori non avviati.

È chiaro che Giorgetti è determinato a difendere la stabilità finanziaria del Paese, anche a costo di mettere in gioco il proprio incarico.

Giorgetti sul Patto di Stabilità: “È un compromesso, no a crescita modello Lsd”

La situazione diventa ancora più critica con il ritorno delle regole dell’Unione europea sulla finanza pubblica. Proprio Giorgetti ha commentato il via libera al nuovo Patto di stabilità Ue approvato due giorni fa.

“È sicuramente un compromesso, non è la proposta che il sottoscritto aveva portato avanti in sede europea”, ma rappresenta comunque “un passo in avanti rispetto alle regole di bilancio che sarebbero tornate in vigore nel 2025”.

Il ministro ha anche sottolineato che il modello di crescita del Paese dovrebbe fondarsi su sacrificio, investimento e lavoro, anziché sul “modello Lsd” di lassismo, debito e sussidi.

Nel frattempo, al Senato, Forza Italia cerca di allargare le maglie del decreto che regola lo sconto in fattura e la cessione del credito.

Le richieste includono deroghe per immobili delle onlus e delle zone terremotate, nonché una proroga selettiva per i condomini. Ma dei 355 emendamenti presentati al decreto Superbonus in Senato rimarrà ben poco. Giorgetti è consapevole che queste richieste potrebbero ulteriormente complicare la situazione finanziaria già precaria, portando a un aumento del deficit.

Rispetto alle polemiche delle opposizioni sul mancato finanziamento di altre priorità, il ministro ha sottolineato che il Superbonus, se da un lato può stimolare la crescita economica, dall’altro crea dilemmi su come finanziare altre voci.

In un tono sarcastico, il ministro ha osservato che coloro che hanno deciso questa politica hanno di fatto scelto di sottrarre fondi ad altri investimenti, alimentando così il debito.

Il governo, stretto dalle priorità in ambito sanitario, educativo, culturale e sociale, ha infatti dovuto rimandare il bonus sulle tredicesime.

Ma a complicare ulteriormente la situazione ci sono le nuove regole dell’Unione europea, che spingono il governo a rivedere gli obiettivi di finanza pubblica.

In attesa delle linee guida dell’Ue a giugno, Giorgetti è ben consapevole che i prossimi anni saranno estremamente difficili.

Patto stabilità, a giugno le prime procedure per disavanzo. Per l’Italia sarà rebus manovra


Il nuovo Patto di stabilità e crescita ha incassato, a Strasburgo, il via libera del Parlamento Ue.

Ora è all’ultimissimo miglio prima di entrare in vigore. Il testo cambia le regole del gioco nella governance economica mantenendo da un lato i parametri del 3 e del 60% per il deficit e per il Pil ma concedendo dall’altro dei piani di rientro più graduali per i Paesi ad alto debito.

Il nuovo Patto cerca di mantenere dei parametri rigidi per il rientro dal debito e dal deficit, introduce sul deficit la soglia dell’anti-crisi dell’1,5% del Pil ma concede qualcosa a Paesi come Italia, Belgio, Grecia, Francia o Spagna, che hanno debiti elevati.

I governi potranno concordare con Bruxelles un piano di rientro che va da 4 a 7 anni in cambio della messa in campo di riforme per crescita e conti sostenibili.

Il taglio annuale del debito, per chi è sopra la soglia del 90% del Pil, resta dell’1% annuo. Sul deficit, i Paesi che sforano il 3% sono chiamati ad una riduzione dello 0,5% annuo ma con un periodo transitorio che arriva fino al 2027 e nel quale la percentuale potrà essere ridotta.

Il 19 giugno l’Ue deciderà sulle procedure per disavanzo. «Guardando ai dati Eurostat si può avere un’anticipazione della potenziale decisione», ha spiegato il commissario agli Affari Economici Paolo Gentiloni sottolineando, tuttavia, che tale decisione verrà presa solo a giugno.

Ovvero, dopo le Europee. L’Italia, con il 7,4% del deficit appena certificato dall’Eurostat, è ad altissimo rischio. «II Paese continua a far fronte a vulnerabilità legate a debito, deficit e crescita della produttività», si legge nelle conclusioni degli esami approfonditi della Commissione Ue sugli squilibri macroeconomici dei 27.

È proprio il superamento «non temporaneo» della soglia del 3% nel rapporto deficit-Pil, secondo l’Ufficio parlamentare di bilancio, a rendere «molto probabile» l’avvio di una procedura per disavanzo eccessivo da parte dell’Ue nei confronti dell’Italia.

Il Def non riporta lo scenario programmatico. La sua presentazione, coerente con le nuove regole europee e con l’orizzonte quinquennale che sarà necessario adottare, è stata rinviata alla presentazione del Piano strutturale e di bilancio di medio termine, che dovrà avvenire nei prossimi mesi.

«Qualora venissero confermati gli obiettivi riportati nella Nadef 2023 è il messaggio lanciato dall’Upb sarà necessario individuare nella prossima manovra di bilancio idonee coperture per le politiche invariate che si deciderà di attuare e per eventuali nuovi interventi».

Ad esempio, «in un’ottica di programmazione di medio-lungo termine, risorse strutturali dovranno essere individuate anche per altri interventi, fra cui quelle necessarie per il rinnovo dei contratti di lavoro dei dipendenti pubblici».

Sergio Nicoletti Altimari, capo dipartimento Economia e Statistica di Bankitalia, in una recente audizione sul Def ha posto l’accento sul fatto che «un’ulteriore proroga di natura temporanea degli sgravi contributivi – (cuneo fiscale) – accrescerebbe l’incertezza sull’evoluzione futura dei conti pubblici».

Con la proroga, «il disavanzo sarebbe superiore rispetto a quello tendenziale a legislazione vigente di circa un punto percentuale del Pil in media d’anno nel triennio 2025-27, rimanendo al di sopra del 3% in tutti gli anni dell’orizzonte previsivo».

Senza contare la necessità di investire nella sanità, dove la Corte dei Conti ha giudicato gli stanziamenti «non in grado» di evitare il decadimento dei servizi offerti.

La strada verso la prossima manovra appare già in salita. Secondo l’Upb, servono oltre 18 miliardi per replicare nel 2025 le misure introdotte dall’ultima legge di bilancio solo per quest’anno.

Secondo l’Osservatorio sui conti pubblici italiani (Ocpi) dell’Università Cattolica di Milano, invece, servirà una manovra per il 2025 da 30 miliardi per stabilizzare il debito e, al contempo, confermare le misure del taglio del debito e dell’Irpef che scadono a fine anno.

Nell’analisi viene spiegato che la previsione di un aumento del rapporto debito-Pil di circa 2,5 punti percentuali tra fine 2023 e 2026 è basato su «ipotesi relativamente ottimistiche per l’andamento del Pil reale, dell’inflazione e delle entrate da privatizzazioni».

Queste tra l’altro sono basate su un quadro a legislazione vigente, in cui non sono rinnovate le politiche di sostegno all’economia che si esauriscono a fine anno. Secondo l’Ocpi, tenendo conto dell’intenzione del governo di rinnovare le misure, «un quadro più veritiero dello stato delle nostre finanze pubbliche comporterebbe invece un aumento del rapporto tra debito e Pil di circa 5,5 punti percentuali entro la fine del 2026».

Così, spiega l’osservatorio, «se si volesse non solo rifinanziare le misure che si esauriranno a fine 2024, ma anche mantenere il rapporto tra debito e Pil intorno ai valori previsti a fine 2024 (137,8%), occorrerebbe introdurre misure correttive per circa 30 miliardi».

Un rebus per il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti, chiamato in prima battuta alla ricerca di una quadra. Sotto lo sguardo vigile e attento della Ue.

Fed verso un taglio dei tassi non prima di dicembre


Un taglio dei tassi di interesse da parte della Fed non ci sarà prima di dicembre. E’ quanto indica l’andamento degli swap dopo il deludente dato sul pil americano, che segnala una frenata dell’economia in presenza di persistenti pressioni inflazionistiche.

La Fed si riunirà la prossima settimana e gli analisti attendono indicazioni dal presidente Jerome Powell nel corso della conferenza stampa che seguirà la riunione.

Ecco cosa succede se mangi la rucola e non molti lo sanno!


I tanti benefici della rucola

La rucola è un’insalata speciale, dal gusto tutto suo: non tutti infatti la amano, la maggior parte delle persone la mangia solo quando guarnisce una pizza. Eppure, una volta scoperte le sue notevoli qualità, probabilmente desidererete mangiarne di più! Infatti quando si mangia rucola con regolarità si ottengono benefici per la salute, il metabolismo e la ritenzione idrica.

Ottima come prevenzione contro il cancro

Il beta carotene contenuto nelle sue foglie aiuta a prevenire il cancro allo stomaco, alla prostata ed al colon. 

Tanto gusto e poche calorie!

La rucola contiene, tra l’altro, pochissime calorie (circa 25 kcal ogni 100 g). Una bella insalatona di rucola, ceci, pomodori, uova soda e formaggio, unita a due fette di pane rappresenta un pasto completo e sano. Cosa volete di più? 

Stimolante del metabolismo e aiuta a dimagrire

Grazie alla presenza della vitamina B, la rucola contribuisce a dinamizzare il metabolismo, favorendo quindi una maggiore perdita di peso.

Una tisana dal potere calmante e digestivo

Il suo alto potere calmante, quando assunta sotto forma di tisana calda, è riconosciuto. Non solo, la rucola aiuta anche la digestione. I suoi componenti favoriscono infatti la produzione di succhi gastrici.

Ma non solo, quest’erba vanta proprietà che proteggono la mucosa gastrica, attenuando e prevenendo l’acidità. 

Incredibili proprietà drenanti

La rucola possiede anche proprietà drenanti e depurative, combattendo la ritenzione idrica, responsabile, tra le altre cose, dell’odiata cellulite. 

Autovelox approvato e omologato, le differenze e come riconoscerlo


Autovelox, terrore degli automobilisti e al centro anche della revisione del codice della strada voluta dal ministro Matteo Salvini, ambasciatore della protesta contro il proliferare degli apparecchi per monitorare la velocità dei veicoli e in caso di superamento dei limiti far partire l’iter per la multa.

Dopo i fatti di Treviso con la Cassazione ad annullare una multa per eccesso di velocità perché questa è stata rilevata da un autovelox approvato ma non omologato si apre la questione: tutte le multe sono contestabili? Come si fa a sapere se l’autovelox che mi ha “pizzicato” rispetta in pieno la legge?

Approvazione o omologazione?

C’è da dire che le differenze tra approvazione e omologazione di un autovelox sono sottili, specialmente per colpa di una mancata chiarezza da parte del ministero delle infrastrutture e dei trasporti.

Tali termini infatti vengono affiancati, dando loro significati molto simili, all’interno dell’articolo 192 del Regolamento di esecuzione e di attuazione del nuovo codice della strada (quello del 1992).

Per esempio il comma 1 recita

Ogni volta che nel Codice e nel presente regolamento è prevista la omologazione o la approvazione di segnali, di dispositivi, di apparecchiature, di mezzi tecnici per la disciplina di controllo e la regolazione del traffico, di mezzi tecnici per l’accertamento e il rilevamento automatico delle violazioni alle norme di circolazione, di materiali, attrezzi o quant’altro previsto a tale scopo, di competenza del ministero dei Lavori pubblici, l’interessato deve presentare domanda, in carta legale a tale dicastero indirizzandola all’Ispettorato generale per la circolazione e la sicurezza stradale, corredata da una relazione tecnica sull’oggetto della richiesta, da certificazioni di enti riconosciuti o laboratori autorizzati su prove alle quali l’elemento è stato già sottoposto, nonchè da ogni altro elemento di prova idoneo a dimostrare l’utilità e l’efficienza dell’oggetto di cui si chiede l’omologazione o l’approvazione e presentando almeno due prototipi dello stesso. Alla domanda deve essere allegata la ricevuta dell’avvenuto versamento dell’importo dovuto per le operazioni tecnico-amministrative ai sensi dell’articolo 405.

Secondo il cds quindi si tratta di processi sovrapponibili, ma così non è, almeno secondo diverse sentenze emesse negli ultimi anni, nonostante in una circolare diffusa nel 2020 dal ministero dei trasporti si ribadisca come omologazione e approvazione, pur differenti, abbiano lo stesso valore.

Si legge infatti: 

La differenza tra un procedimento di omologazione e uno di approvazione è da ricercarsi unicamente nel fatto che per il primo esistono le relative norme tecniche di riferimento, europee e/o italiane, specifiche per la funzione fondamentale svolta dal dispositivo/sistema, mentre per il secondo manca tale riferimento. Ciò non significa che nel caso dell’approvazione non si seguano procedure standardizzate e non vengano verificate le funzionalità e i requisiti dei medesimi dispositivi, in modo omogeneo.

Pertanto, una volta approvati, i dispositivi possono essere utilizzati per l’accertamento delle violazioni, parimenti a quelli omologati.

In poche parole un autovelox omologato segue regole fondamentali e ben definite a livello nazionale e comunitario e sono in capo al ministero per lo sviluppo economico, un autovelox autorizzato invece non ha riferimenti tecnici e amministrativi così dettagliati. In ogni caso comunque gli apparecchi devono essere tarati almeno una volta l’anno, così da evitare errori nella lettura della velocità degli autoveicoli 

Ci vuole tempo

Per capire se un autovelox è omologato ci si può prima di tutto affidare al verbale, dove possono essere riportate le specifiche dell’apparecchio.

In caso contrario bisogna armarsi di pazienza e fare in fretta. Nel momento in cui ci viene notificata la multa infatti si può fare istanza di accesso agli atti amministrativi presso l’organo di Polizia che ha rilevato l’eccesso di velocità. Si può scegliere se accontentarsi dell’esibizione del certificato di omologazione o ricevere una copia.

Le differenze principali risiedono nelle tempistiche richieste. Va comunque sottolineato che, una volta interpellato, l’organo di Polizia avrà 30 al massimo giorni per rispondere, senza andare oltre i tempi consentiti per il ricorso.

Se, passati i termini temporali, non viene comunicata una risposta l’automobilista può rivolgersi alle autorità competenti (giudice di pace o prefetto) per chiedere l’annullamento. Lo stesso avviene, in automatico, se il certificato di omologazione dell’autovelox non esiste.

Lo stesso procedimento burocratico è da seguire se si vuole verificare l’avvenuta taratura dell’autovelox, comunque indicata all’interno del verbale con la dicitura “L’apparecchiatura utilizzata è stata sottoposta alla visita periodica di taratura”.

Informazione che in determinati casi è sottolineata con l’indicazione della data precisa di avvenuta taratura. 

L’avviso del Codacons

Quello che è certo è che la recente sentenza della Cassazione in tema autovelox non aiuta a fare chiarezza.

Molti automobilisti infatti sono speranzosi di potersi vedere annullate le sanzioni amministrative.

In questo caso il Codacons (Coordinamento delle associazioni per la difesa dell’ambiente e la tutela dei diritti di utenti e consumatori) prova a fare chiarezza sull’argomento per bocca del proprio presidente Carlo Rienzi. 

“Va chiarito subito che la sentenza della Cassazione non porta affatto ad una raffica di ricorsi e al conseguente annullamento delle multe elevate dagli autovelox”

Dall’IA potenziale straordinario, prevede terremoti


Le potenzialità dell’intelligenza artificiale in campo assicurativo sono “straordinarie” e vanno dalla possibilità di dimezzare gli errori nelle diagnosi mediche entro il 2025 alla capacità di prevedere i terremoti.

Sono alcuni degli esempi indicati dall’innovation leader di Deloitte Central Mediterranean, Andrea Poggi, all’evento Innovation by Ania.

Oggi 250 milioni di persone usano l’intelligenza artificiale e sono attese a salire a 700 milioni entro il 2030. Ogni settimana nuovi player creano il loro modello di linguaggio di Generative Ai e il mercato dell’Ai ha un crescita attesa del 28% annuo fino al 2030.

Sei ambiti di applicazione in particolare influenzeranno il settore assicurativo: sanità, casa, mobilità, risparmio, cybersicurezza e clima.

Tra i dati citati, per la protezione della casa, “nell’arco dei prossimi quattro anni 800 milioni di persone avranno una smart home”, basata su dispositivi iot e Ai.

Nell’ambito del risparmio, già oggi 1.800 miliardi di dollari sono gestiti da modelli basati sull’intelligenza artificiale e “si stima che questo ammontare di asset raddoppierà in quattro anni”.

E nel campo delle catastrofi naturali, l’università del Texas è in grado grazie “di prevedere il 70% dei terremoti con una settimana di anticipo”.

Esercizi per attivare la materia grigia


Come mantenere il cervello giovane e attivo: consigli ed esercizi

Se fino a qualche anno fa si riteneva che il cervello, una volta trascorse le fasi di infanzia e adolescenza, terminasse la produzione di cellule nuove per avviarsi a un lento declino degenerativo, oggi le nuove ricerche sul campo mostrano un’evoluzione differente nell’ambito del grande mistero che circonda questa materia.

Cruciverba, una dieta sanasport e movimento, lettura e nuovi stimoli e hobby mantengono in forma il nostro cervello.

Ecco alcuni consigli ed esercizi per mantenere il cervello giovane e attivo a ogni età.

Per potenziare il cervello, l’uso che facciamo della nostra materia ha un’importanza fondamentale: inizia ad allenare il tuo cervello ogni giorno. Per esempio facendo attività fisica come andare in bicicletta, fare le scale a piedi, camminare, correre, qualsiasi attività per movimento.

Cruciverba e rebus ti aiutano a esercitare memoria e capacità di connessione: tieni presente che oltre alla logica è bene sviluppare una modalità intuitiva del pensiero, focalizzando sensazioni e collegamenti non lineari e non razionali.

Approfondire informazioni nuove e curiositàleggi i quotidiani e trova i tuoi siti d’informazione preferiti. 

Rimanere aggiornati è un modo per rimanere al corrente di ciò che ci circonda, ma costituisce anche uno stimolo importante per mantenere attiva la nostra capacità di apprendere.

Fare degli hobby e passatempi come quando eravamo bambini. Si al gioco di carte che aiuta memoria e intuito, disegnare, scattare fotografie.

Ogni hobby costituirà un ottimo esercizio per mantenere giovane il cervello.

Per tenere la mente giovane è fondamentale mangiar bene. Secondo numerose ricerche la dieta mediterranea fa bene al cervello, senza contare gli effetti benefici di frutta e verdura sull’umore e le capacità celebrali.

Mantenere il cervello attivo e giovane: come riuscirci?

Per mantenere sempre il cervello giovane e attivo, ecco alcuni esercizi da fare. Un’attività poco conosciuta ma utile è di combinare parole e colori: è un esercizio che sembrerà banale ma, una volta provato, se ne capisce l’utilità. Basta procurarsi dei cartoncini e dei pennarelli colorati.

Su ogni cartoncino si deve scrivere il nome di un colore utilizzando però l’inchiostro di un altro colore. Una volta terminato, bisogna leggerli velocemente, facendo attenzione a non associare il colore che si è usato al nome. Per fare questo ci si dovrà concentrare, usando al meglio le proprie capacità mentali.

Invertire la destra con la sinistra; in base a quale è la propria mano dominante, è consigliato provare a scrivere ogni giorno qualche frase usando l’altra mano. All’inizio si sarà goffi e impacciati ma in seguito si diventerà sempre più agili, con miglioramenti nella grafia.

E perché non provare ad utilizzare la mano non dominante nei piccoli gesti quotidiani come cucinare, lavarsi i denti, pettinarsi, scrivere al cellulare?

Scrivi sempre più spesso: abituati a portare in borsa, anche quando non sei in vacanza, un’agenda: impegnati a descrivere non solo azioni o luoghi visitati, ma soprattutto i tuoi stati d’animo.

Scrivere un diario costituirà un momento proficuo per riflettere sugli eventi e fare chiarezza dentro di te.

Carlos Tavares – I cinesi hanno un vantaggio sui costi del 30% rispetto alle case europee


Carlos Tavares nei giorni scorsi è tornato a parlare del problema relativo alle case automobilistiche cinesi per quanto riguarda la diffusione delle loro auto elettriche low cost che potrebbero rappresentare un bel problema per i produttori europei.

Secondo il numero uno del gruppo Stellantis il problema non risiede tanto nella tecnologia, cosa su cui i cinesi secondo alcuni sarebbero in vantaggio, ma si tratterebbe di un problema prettamente di costi.

Il vantaggio delle case cinesi sulle europee riguarda i costi e non la tecnologia secondo Carlos Tavares

Carlos Tavares in proposito ha dichiarato: “Non credo che il divario sia principalmente tecnologico, ma piuttosto una questione di costi.

Tuttavia, se parliamo di tecnologia, un aspetto sorprendente che caratterizza l’Europa è la qualità dell’istruzione scientifica. Nonostante le osservazioni critiche, il livello di competenza scientifica rimane notevolmente elevato nel continente europeo”.

“Non credo che ci sia un divario tecnologico rispetto ai cinesi, poiché le menti europee sono eccellenti. Tuttavia, è essenziale stimolarle, porre domande e offrire sfide per ottenere sempre risposte di alta qualità.

Purtroppo, stiamo assistendo alla tendenza degli europei a emigrare, esportando così le nostre risorse umane più preziose” ha aggiunto Carlos Tavares. 

“Il nostro principale ostacolo è vivere in un sistema che, sebbene legittimo e democratico, non è competitivo in termini di costi rispetto al resto del mondo.

Questo presenta una sfida significativa nella competizione globale. Ad esempio, i costi inferiori dei produttori cinesi, con un vantaggio del 30%, consentono loro di vendere auto elettriche a prezzi paragonabili a quelli delle auto a benzina, mentre noi lottiamo per farlo.

La competitività economica diventa quindi un problema che richiede soluzioni complesse e innovative”.

Malattia X, l’allerta degli scienziati: «Il virus dell’influenza causerà la prossima pandemia». Vaccini e mascherine, come prevenire


L’ombra di una nuova pandemia incombe sul mondo, e questa volta potrebbe essere guidata dall’influenza.

Un recente sondaggio pubblicato di recente sul “The Guardian”, ha rivelato che il 57% degli esperti di malattie infettive senior crede che un ceppo di virus influenzale sarà il catalizzatore della prossima grande crisi sanitaria globale.

Questo allarme è stato rilanciato in vista del congresso della Società europea di microbiologia clinica e malattie infettive (ESCMID), che si terrà a Barcellona.

La “Malattia X”

Mentre l’influenza è sempre stata una costante preoccupazione sanitaria, portando a morti e malattie gravi ogni anno, gli scienziati ora avvertono su un possibile nuovo agente patogeno, ancora sconosciuto, denominato “Malattia X”.

Secondo il 21% degli intervistati, questo misterioso virus potrebbe sorgere improvvisamente, similmente a quanto accaduto con il Sars-CoV-2 nel 2019. Un ulteriore 15% degli scienziati teme che lo stesso Sars-CoV-2 possa ancora rappresentare una minaccia pandemica. 

L’aviaria

Il virus influenzale H5N1, noto per causare influenza aviaria, sta mostrando segni preoccupanti di mutazione e diffusione.

Originariamente confinato agli uccelli, recentemente ha iniziato ad infettare i mammiferi, inclusi i bovini in 12 stati degli USA. Questa trasmissione interspecie amplifica le preoccupazioni degli scienziati sul potenziale di H5N1 di evolvere in un ceppo pericoloso anche per l’uomo.

Nonostante non ci siano ancora prove di trasmissione di H5N1 tra umani, gli episodi di infezione umana negli ultimi vent’anni mostrano un tasso di mortalità estremamente alto, dovuto alla mancanza di immunità naturale nei confronti del virus.

La comunità scientifica è particolarmente allarmata dalla recente scoperta del virus nei bovini, un evento senza precedenti che aumenta il rischio di un salto di specie ancora maggiore. 

«Significa che il rischio che il virus penetri in un numero sempre maggiore di animali da fattoria, e poi dagli animali da fattoria agli esseri umani, diventa sempre più alto.

Quanto più il virus si diffonde, tanto più aumentano le possibilità che muti e possa diffondersi negli esseri umani. Fondamentalmente, stiamo giocando alla roulette con il virus» ha affermato Jeremy Farrar, capo scienziato dell’Organizzazione mondiale della sanità.

I vaccini

I ricercatori sottolineano la necessità di una migliore preparazione, citando il relativo vantaggio di avere già sviluppato vaccini contro molti ceppi di influenza, incluso l’H5N1. Tuttavia, la logistica di produzione di vaccini su larga scala in risposta a una pandemia rimane una sfida monumentale.

Il ritorno delle mascherine

Jon Salmanton-García, uno degli autori dello studio, critica il ritorno alle vecchie abitudini igieniche pre-pandemiche, come tossire nelle mani e non utilizzare le mascherine.

Avverte che tale negligenza potrebbe avere gravi conseguenze in futuro.

Stop 2035 – Breton: “L’Europa non è pronta ad abbandonare l’endotermico”


Thierry Breton, commissario al Mercato Interno e all’Industria dell’Unione Europea, torna a lanciare un allarme sullo stop europeo alla vendita di nuove auto a benzina e diesel nel 2035.

Sulla base di un documento approntato dalla direzione generale da lui stesso diretta, il commissario avverte dei pesanti ritardi del blocco comunitario nel percorso verso la mobilità a zero emissioni: Breton ha ribadito come la Ue debba apportare “gli aggiustamenti necessari per raggiungere gli obiettivi al 2035” fissati dal Green Deal. 

Non c’è una bacchetta magica. Il commissario, che ha già invitato ad affrontare con lucidità e senza tabù il phase-out, ha quindi ribadito la sua cautela: “Il Green Deal non sarà raggiunto con la bacchetta magica o con un ordine esecutivo di Bruxelles. Tutte le condizioni abilitanti devono essere soddisfatte”.

A tal proposito, i funzionari della direzione di Breton hanno approntato un documento dove si illustrano cinque problematiche che confermano quanto l’Europa non sia pronta a fare il grande passo verso l’elettrico.

I ritardi. 

Il primo problema riguarda il ritmo d’adozione. Nel report si legge, per esempio, che “le vendite di nuovi veicoli elettrici stanno aumentando, ma dovranno crescere di sette volte entro il 2035 per soddisfare la domanda prevista”.

Un secondo nodo riguarda l’accessibilità: “Solo sei modelli sono venduti a meno di 30.000 euro, di cui tre cinesi. Alla data del primo gennaio 2024, non risultano vetture con un prezzo medio inferiore ai 20.000 euro, incentivi esclusi”.

Un terzo ostacolo all’adozione della mobilità alla spina è rappresentato dalle infrastrutture: per quanto in crescita, la rete rimane concentrata in pochi Stati (“il 61% dei punti è in tre Paesi Ue”). Inoltre, non ci sono dati su quanto sia adeguata la stessa rete alle effettive “esigenze di ricarica”.

Il quarto problema è legato ai posti di lavoro e alle competenze: nel testo si sottolinea il “recente decremento” della forza lavoro nell’industria automobilistica e la necessità di riqualificare e formare almeno 700 mila lavoratori entro il 2027.

Infine, non manca un passaggio sull’accesso alle materie prime critiche. Finora, sono stati annunciati progetti di gigafactory in grado di “soddisfare la domanda” e non solo, ma “serve una rapida accelerazione dei lavori di costruzione”. Sul fronte della produzione di anodi e catodi, invece, la capacità è ritenuta insufficiente, col rischio di alimentare “gravi dipendenze” sul fronte dei componenti delle batterie.

La Cina. Insomma, dall’interno della stessa commissione europea arriva un chiaro avvertimento sul difficile percorso voluto dalle istituzione europee nonostante i continui allarmi dell’intera filiera.

Tra l’altro, Breton non manca di tornare sulla questione della concorrenza cinese, sottolineando come il Dragone “stia prendendo il sopravvento”.

A tal proposito, nel documento del commissario si legge che “le elettriche made in China stanno aumentando in modo esponenziale”, come dimostrato dalla quota di mercato schizzata dall’1% del 2021 al 20% del 2023, fino al 25% della prima parte del 2023.

“Non possiamo misurare il successo verso la mobilità a zero emissioni solo in base al numero di Bev vendute”, conclude Breton.

“Ed è preoccupante che un’auto elettrica su cinque venduta nell’Ue l’anno scorso sia stata prodotta in Cina”. 

Istat rivede deficit/Pil 2023 a 7,4% da 7,2% per Superbonus


Istat ha rivisto al rialzo il rapporto deficit/Pil per il 2023 al 7,4% dal 7,2% stimato dall’istituto lo scorso 1° marzo e confermato a inizio aprile.

La revisione comunicata stamani da Istat è contenuta nella Notifica sull’indebitamento netto e sul debito delle Amministrazioni pubbliche secondo il Trattato di Maastricht.

L’istituto di statistica precisa gli ultimi dati tengono conto delle “più recenti evidenze quantitative sulla spesa per i crediti d’imposta connessi al cosiddetto Superbonus”, e che le informazioni sulla cessione del credito o dello sconto in fattura “non sono ancora definitive per una possibile fisiologica stabilizzazione del dato di base nei prossimi mesi”.

Lo scorso anno il deficit è andato ben oltre il 5,3% stimato dal governo, dopo l’8,6% registrato nel 2022.

Ristrutturazione delle case richiede 275 miliardi all’anno


“La ristrutturazione degli edifici in Europa ha un divario di investimento di 275 miliardi di euro ogni anno: senza un finanziamento adeguato rischiamo di mettere a repentaglio gli obiettivi del 2030 e il nostro percorso verso la neutralità climatica entro il 2050”.

Lo ha detto la commissaria europea per l’Energia, Kadri Simson, intervenendo all’evento di lancio della Coalizione europea per il finanziamento dell’efficienza energetica. 

Superbonus, una pesante eredità da oltre 170 miliardi sui conti pubblici. Ripetute deroghe e correzioni hanno aggravato il debito


Il Superbonus ha indubbiamente avuto un impatto significativo sui conti pubblici italiani, lasciando una pesante eredità per il futuro economico del paese.

Nonostante il governo abbia cercato di contenere e mitigare gli impatti devastanti, concedendo ripetute deroghe, non è riuscito a farlo. Secondo l’analisi condotta dall’Ufficio parlamentare di bilancio (Upb), il Superbonus e il bonus facciate hanno comportato una spesa di 170 miliardi nel quadriennio 2020-2023.

Numeri, ben al di là delle aspettative iniziali, sollevano preoccupazioni sul debito pubblico e sull’efficacia delle misure.

Anche gli incentivi alla Transizione 4.0 hanno presentato rischi di perdite di gettito crescenti nel tempo, 30 miliardi nel triennio 2021-2023, evidenziando la necessità di un monitoraggio più rigoroso sia prima che dopo l’utilizzo delle agevolazioni.

Nella valutazione complessiva, spiega l’Upb, va comunque considerato che gli effetti tendenziali per il 2024 e 2025 potrebbero essere in parte sostituiti dai nuovi incentivi legati a Transizione 5.0.

L’effetto pesante del Superbonus sul debito pubblico

Una delle principali criticità del Superbonus risiede nell’entità dell’agevolazione, completamente a carico dello Stato, che ha incentivato una spesa fuori controllo.

L’allargamento degli obiettivi e le ripetute proroghe della misura hanno alimentato un’affrettata corsa agli interventi, mentre l’aumento dei prezzi delle materie prime ha inflazionato ulteriormente i costi dei lavori, aggravando il carico finanziario.

Tuttavia, uno dei principali problemi è stato l’effetto sul debito pubblico. Le detrazioni per i lavori edilizi, spalmate su più anni, hanno avuto un impatto significativo sul debito, con un aumento previsto dell’onere annuo sul PIL dallo 0,5% all’1,8% nel triennio 2024-2026.

Stime che fanno dire all’Upb che “la differenza tra i risultati e le attese è stata macroscopica e senza precedenti”.

Per mitigare questo impatto, il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti ha proposto di estendere le detrazioni su 10 anni anziché quattro.

Secondo calcoli dell’Autorità dei conti pubblici, questa estensione potrebbe ridurre il debito/PIL dallo 137,8% al 137,3% nel 2024 e dal 138,9% al 137,9% nel 2025, con un impatto meno pesante sul triennio 2024-2027, sebbene scarichi un peso maggiore sul 2028-2033.

Compensazioni in aumento

Nel frattempo, le compensazioni hanno registrato un vero e proprio boom, con un aumento previsto nell’ammontare dovuto agli investimenti edilizi effettuati nel 2023.

Questo trend è già evidente nel primo trimestre del 2024, con le compensazioni che hanno superato di gran lunga quelle dell’anno precedente. Nel dettaglio, sono state pari a 14,3 miliardi di euro, più del doppio rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso e oltre il 68% in più rispetto all’intero 2023.

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Come riformare il Superbonus e i bonus edilizi?

L’esperienza del Superbonus offre preziose lezioni per le politiche future. L’Upb ha suggerito riforme mirate a ridefinire i bonus edilizi, tra cui criteri selettivi, limiti di spesa e monitoraggio preventivo per contrastare i comportamenti fraudolenti.

Si propone anche di sostituire le agevolazioni con trasferimenti monetari o prestiti agevolati, adattati alla situazione economica delle famiglie e alla classe energetica degli edifici.

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La svolta green non paga, le aziende corrono ai ripari


È davvero una novità interessante quella annunciata dall’amministratore di Unilever, Hein Schumacher, che ha dichiarato che il suo gruppo «abbandonerà o attenuerà una serie di impegni ambientali e sociali», anche per rispondere alla crescente reazione proveniente da quegli investitori, consumatori e politici che non vedono di buon occhio il perseguimento di obiettivi non finanziari.

Se altri colossi industriali seguiranno questa strada, si potrà dire di avere voltato pagina, dato che da più di un decennio la Unilever è uno dei soggetti più attivi in quelle politiche dette Esg (ecologiche, sociali, governative) che assegnano alle aziende un profilo moraleggiante, allineandole al politicamente corretto.

Quella di Schumacher non è certo un’opzione ideologica, ma semmai la presa d’atto che non è facile porsi come obiettivo quello di «fare bene al mondo» (secondo l’agenda fissata dal progressismo imperante) e al contempo far quadrare i conti.

E così se prima l’Unilever si proponeva di dimezzare il ricorso alla plastica entro il 2025, ora l’ambizione è di ridurlo di un terzo entro il 2026. Stesso discorso per l’utilizzo di modelle aventi «differenti bellezze», perché alla fine chi produce lo fa per i consumatori e la realtà, in molti casi, finisce per imporre le proprie regole.

La scelta della multinazionale britannica di andare controcorrente può comportare rischi. È vero che, con i suoi 400 prodotti, Unilever si rivolge essenzialmente al pubblico, ma il sistema regolamentare è tale per cui qualsiasi azienda può essere spazzata via dai padroni delle leggi.

Schumacher avrà valutato, da un lato, le possibile rappresaglie del mondo politico-intellettuale e, dall’altro, i vantaggi derivanti dal prestare più attenzione ai clienti e quindi anche ai costi.

Il vizio di fondo dell’Esg sta nel costruire un ordine dogmatico: un insieme di presunti valori assoluti che ognuno di noi dovrebbe rispettare.

È solo positivo, allora, che nel mondo del business qualcuno inizi a muoversi in un’altra direzione.

Case smart – Cosa non può mancare per una vita green e senza stress


La strada per un futuro più ecologico passa anche dalle tecnologie applicate alle nostre abitazioni: la domotica è già in mezzo a noi e le case intelligenti, ovvero dotate di dispositivi, sistemi ed elettrodomestici collegati attraverso un’unica rete condivisa, sono realtà già per milioni di persone in tutto il mondo.

Dai comandi vocali alle app installate sullo smartphone per controllare le funzioni principali e automatizzare le attività quotidiane, le nostre vite sono certamente agevolate.

Non si tratta però solo di comodità, ma anche di risparmio economico e riduzione degli sprechi: insomma, le case intelligenti ci aiutano a fare la nostra parte nella battaglia contro il riscaldamento globale.

La gestione energetica. 

Prendiamo la gestione dell’energia: una casa in grado di integrare varie fonti , dalla batteria di backup all’impianto fotovoltaico, per finire con l’energia proveniente dai veicoli elettrici, permette di ottimizzare l’utilizzo degli elettrodomestici e di tutti gli apparecchi elettronici con un semplice tocco sull’app di uno smartphone, scegliendo cosa caricare o alimentare, quando e per quanto tempo.

Allo stesso modo, tali sistemi possono prevenire la dispersione di energia disattivando le prese in determinati momenti della giornata o per lunghi periodi, senza necessità di essere fisicamente a casa.

Frigoriferi, illuminazione, riscaldamento. 

Non cambieranno il destino del mondo, ma i frigoriferi intelligenti possono aiutare a ridurre gli sprechi, sia energetici quelli della Samsung, per esempio, possiedono la funzione AI mode, che permette di risparmiare il 10% di energia in più rispetto a un pari classe sia di cibo.

Possono infatti rilevare le fluttuazioni della temperatura interna, assicurando che gli alimenti siano mantenuti sempre alla temperatura ideale.

Ciò che invece può fare la differenza in casa per ridurre le emissioni e i consumi passa attraverso il controllo di due aree fondamentali: illuminazione e riscaldamento.

Innanzitutto, per gestire tutti gli impianti di casa può essere una buona idea sostituire gli interruttori a parete con un pannello touchscreen per controllare tutti dispositivi elettronici da un solo punto, senza doversi necessariamente alzare; inoltre, gli impianti di “smart lighting” rilevano quando si entra nella stanza e accendono automaticamente le lampadine.

Le ultime versioni a Led, oltretutto, durano dieci volte di più di quelle standard e consumano solo 8,5 watt contro i 60 delle vecchie lampadine meno efficienti, permettendo inoltre di modificare la tonalità e il colore della luce con un semplice comando vocale.

Riscaldamento e condizionamento. 

Per risparmiare davvero, però, non si può fare a meno di un sistema di riscaldamento e condizionamento automatizzato e dotato di intelligenza artificiale: quest’ultimo non solo permette di gestire la temperatura della casa da remoto attraverso lo smartphone, ma apprende le abitudini dei suoi abitanti, spegnendosi e accendendosi in base ai ritmi di vita e ai cambiamenti ambientali, permettendo un significativo risparmio energetico mensile.

A quel punto, si può decidere di investire i soldi risparmiati nel letto intelligente 360 i8 della Sleep Number, che consente di regolare la rigidità di ciascun lato in modo indipendente, con l’applicazione companion che tiene traccia delle tendenze del sonno studiando soluzioni personalizzate per dormire meglio.

Bce, probabile rallentamento inflazione, ma rischi sono duplici – Lagarde


È probabile che l’inflazione della zona euro si riduca ulteriormente e la Banca centrale europea potrebbe tagliare i tassi di interesse se i suoi target di crescita dei prezzi saranno rispettati.

Lo ha detto la presidente della Bce Christine Lagarde.

“Allo stesso tempo, il Consiglio direttivo non si sta pre-impegnando su un particolare percorso dei tassi”, ha detto Lagarde, ribadendo le indicazioni più recenti della banca centrale.

“I rischi per le prospettive dell’inflazione sono duplici”, ha aggiunto Lagarde.

“I rischi al rialzo includono l’acuirsi delle tensioni geopolitiche, nonché una crescita salariale più elevata e margini di profitto più resistenti del previsto”.

WhatsApp, questo scherzetto non ci piace affatto: ADDIO privacy?


Di recente abbiamo descritto una nuova funzione in arrivo su WhatsApp, grazie a cui il servizio andrà a suggerire specifici contatti con cui avviare una nuova conversazione o con i quali riprendere una chat già in corso.

Tuttavia, l’applicazione sarà presto in grado di mostrare più informazioni relative alla permanenza online, mettendo in evidenza gli utenti che si sono disconnessi da meno tempo: e se loro non volessero farlo sapere?

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10 cose indispensabili da portare con sé in un rifugio di montagna


Dormire in un rifugio di montagna d’alta quota è un’esperienza fantastica: il silenzio delle montagne, lo spettacolo dell’alba e del tramonto, l’immersione totale nella natura e il clima rilassato dei rifugi sono la quintessenza del piacere di pernottare in queste strutture spartane ed essenziali.

E sì, proprio perché sono in alta quota, sono spartane e sono essenziali, non ci si può attendere un trattamento da hotel a 5 stelle, anzi: pernottare in un rifugio di montagna d’alta quota significa fare i conti con ciò che davvero è utile e ciò che invece è superfluo e si può lasciare a casa.

Cosa portare in un rifugio di montagna

E allora, che sia un trekking estivo oppure dello sci alpinismo da rifugio a rifugio ci sono almeno 10 cose indispensabili, in estate come in inverno e al netto dell’equipaggiamento specifico per l’attività che si pratica e la stagione in cui lo si fa, da mettere assolutamente nello zaino.

Sacco lenzuolo (o sacco a pelo)

Nei rifugi non ci sono le lenzuola: bene che vada ci sono dei letti a castello, altrimenti tavolacci con posti letto affiancati, con un materasso e una coperta, spesso di lana.

Quindi se si vuole risparmiare sul peso ci si porta appresso un sacco lenzuolo, di quelli con anche il cappuccio per la testa, altrimenti il sacco a pelo. Per essere sicuri li si stende sul proprio posto letto all’arrivo, e quando si parte si piegano le coperte e si lascia tutto in ordine.

Lampada frontale

Spesso nei rifugi l’energia elettrica è contingentata per poche ore. Il che significa che se ti devi alzare di notte per andare in bagno non c’è una luce da accendere e, al netto di qualche lampada di emergenza, sei immerso nel buio.

La cosa più pratica è una lampada frontale, meglio se di quelle a intensità regolabile che tanto non hai bisogno di illuminare l’intera valle per sgattaiolare fuori dal letto nel cuore della notte.

Borraccia per l’acqua

Altro bene prezioso e limitato. Vuoi perché i rifornimenti in quota sono sempre complicati e problematici, vuoi perché talvolta i rifugi si trovano a monte delle fonti d’acqua.

Il che significa che all’acqua da bere è meglio pensarci in autonomia, portandosi appresso la propria borraccia e mantenendola sempre piena.

Caricabatterie

Ora molti rifugi si sono dotati di pannelli solari, altri continuano a usare i generatori di corrente, in ogni caso anche l’energia elettrica potrebbe essere un bene a disponibilità limitata.

Se ti porti appresso qualche gadget elettronico (non necessariamente lo smartphone, che spesso in quota non c’è segnale, ma magari l’orologio con il navigatore Gps, o la fotocamera, o la GoPro) devi arrangiarti a ricaricare le batterie: ci sono i carica batteria portatili oppure quelli con pannelli solari, dipende da quanta carica hai bisogno.

Intimo di ricambio

Ok, in montagna non ci si lava (o ci si lava molto poco) ma questo non significa che almeno a sera non ti puoi togliere l’abbigliamento tecnico e indossare qualcosa di (relativamente) pulito e comodo.

Possono bastare: un secondo paio di calze e mutande, un t-shirt anche di cotone per dormire e un paio di pantaloni (in base alla stagione: anche corti d’estate, dei tight in inverno).

NB: in un rifugio di montagna non si entra con gli scarponi, che vanno lasciati nella scarpiera dove si trovano anche delle pantofole di ricambio; se non ami calzare quelle in dotazione conviene che te le porti da casa.

Coltellino svizzero multiuso

Non si sa bene perché, ma non si sa mai; fosse anche solo per sistemare un’unghia o una vescica, il coltellino svizzero multiuso nello zaino deve sempre trovare posto.

La volta in cui servisse, giustificherà tutte le altre in cui non se n’è avuto bisogno.

Sacchetto per i rifiuti

In ogni rifugio di montagna c’è un cartello che parla molto chiaro: portate a valle i vostri rifiuti.

Il che significa che non c’è un bidone della pattumiera e che la propria spazzatura torna con noi, in un vero trekking a impatto zero.

Quindi un sacchetto di plastica di quelli della spesa, da annodare con le proprie maniglie, è da mettere sempre nello zaino.

Asciugamano

Sì, certo, non ci si lava. Però un minimo sì, ci si lava, fossero solo i denti e il viso alla fontanella all’aperto.

E non è che sul letto si trovano gli asciugamani. Quindi un piccolo asciugamano di quelli ad asciugatura rapida è indispensabile.

Nastro adesivo 3M

Come il coltellino svizzero: non si immaginano le volte in cui davvero può servire. Un capo che si strappa, la borraccia da isolare, qualcosa da fissare.

Un piccolo rotolo di nastro adesivo 3M è sempre da tenere nello zaino.

Contanti

Spesso nei rifugi non c’è il segnale telefonico, figurati se arriva il bancomat. Quindi cash sempre in tasca perché per tutto il resto c’è Mastercard, ma solo a valle.

Bastoncini da trekking per la montagna: 6 consigli per sceglierli


bastoncini da trekking per camminare in montagna sono ormai nell’attrezzatura indispensabile di moltissimi escursionisti. Se infatti ci sono ancora molti che preferiscono non usarli, è indubbio che sempre più appassionati di camminate in montagna ne apprezzano l’utilità.

Infatti, se regolati correttamente, i bastoncini da trekking permettono di: mantenere un passo regolare nei tratti più pianeggianti; sostenere il peso del corpo e dello zaino, scaricandolo in pare da schiena e gambe; garantire equilibrio nei passaggi più tecnici come i traversi; offrire sostegno nelle salite; offrire appoggio nelle discese.

È per questo che, insieme all’abbigliamento giusto per la montagna e ad alcuni semplici consigli per fare belle passeggiate in estate in quota, se ne raccomanda l’uso. Ma per assolvere a tutte queste funzioni bisogna saper scegliere i bastoncini da trekking adatti a sé e all’uso che se ne intende fare.

6 consigli per scegliere i bastoncini da trekking per camminare in montagna

I bastoncini da trekking per camminare in montagna fanno parte a tutti gli effetti dell’attrezzatura tecnica e non è così semplice sceglierli. Sono infatti molte le caratteristiche dei bastoncini da trekking da considerare al momento dell’acquisto:

  • Lunghezza massima e minima
  • Numero di sezioni
  • Sistema di regolazione
  • Materiale di costruzione
  • Tipologia e materiale dell’impugnatura
  • Tipologia e materiale della punta

Quanto devono essere lunghi i bastoncini per la montagna

La stragrande maggioranza oggi sono bastoncini da trekking telescopici, cioè sono dotati di 2 o 3 sezioni di tubo e hanno quindi una lunghezza minima e massima.

Tendenzialmente la lunghezza minima di un paio di bastoncini da trekking è intorno ai 60 cm, con una variabile di più o meno 5 cm. Quei 10 cm di differenza si notano quando li riponi nello zaino da trekking o al suo esterno: considera se averli che sporgono molto può essere un fastidio oppure no (e in alcuni casi lo può essere, non tanto per il peso quanto perché potrebbero impigliarsi in rami o pietre sporgenti).

La lunghezza massima invece è direttamente dipendente dall’altezza di chi li usa: siccome la regolazione corretta è tenendo il gomito aderente ai fianchi e piegato a 90°, va da sé che una persona alta 190 cm dovrà avere bastoncini da trekking più lunghi di una alta 160 cm.

Cosa interessante da sapere: esistono bastoncini da trekking da bambini / ragazzi che hanno le stesse caratteristiche di quelli da adulti tranne che sono più corti e con le impugnature di sezione ridotta; esistono anche bastoncini da trekking da donna con le stesse caratteristiche di quelli da ragazzi / bambini (e in più a volte dei colori considerati più femminili) e spesso le donne si rivolgono ai modelli junior proprio per questioni di lunghezza e diametro dell’impugnatura.

Bastoni da trekking: numero di sezioni e tubi

Il numero di sezioni influisce sulla possibilità di allungare e regolare i bastoncini da trekking: quelli più lunghi hanno normalmente 3 sezioni, per fare in modo di non essere mai al limite della regolazione, quelli più corti ne hanno 2.

Ma più che il numero di sezioni è la tipologia di regolazione che può fare la differenza: esistono dei modelli pieghevoli a incastro, che però hanno una lunghezza fissa, e altri con dei sistemi di fissaggio delle sezioni di tubo che permettono di regolare con precisione la lunghezza.

Sistemi di regolazione dei bastoncini da trekking

Esistono sostanzialmente 2 sistemi di regolazione dei bastoncini da trekking: quello a espansione e quello con le levette.

Il sistema a espansione prevede di avvitare e svitare i diversi tubi per stringerli alla misura giusta o allentarli per farli scorrere e regolarli. È un sistema tutto sommato veloce, che non appesantisce i bastoncini ma che, nei modelli entry-level, spesso ha il difetto di allentarsi durante l’uso e perdere presa con l’usura e il tempo.

Il sistema a levetta, diversamente chiamato da ogni casa produttrice, è simile a quello dei mozzi o dei tubi sella delle biciclette: si alza la levetta e si allenta la presa, si abbassa la levetta e si fissano i bastoncini alla lunghezza desiderata. Questo sistema pesa un po’ di più dell’altro (si parla di grammi, ma da moltiplicare per il numero di passi…) ma normalmente è più saldo durante l’uso e, in alcuni casi, è anche venduto come pezzo di ricambio.

A questo proposito è interessante sapere che alcuni marchi prevedono i pezzi di ricambio per ogni componente dei loro bastoncini da trekking, il che è sicuramente più economico e più ecologico che cambiarli a ogni rottura.

Materiali di costruzione dei bastoncini da trekking

I bastoncini da trekking sono fatti essenzialmente di 2 materiali di costruzione: alluminio, o leghe di alluminio, oppure carbonio.

Ciascun materiale ha i suoi pro e contro.

bastoncini da trekking di alluminio o leghe di alluminio sono sicuramente leggeri, resistenti agli urti e all’usura (qualche marchio li garantisce a vita) e assorbono bene le vibrazioni date dal contatto con il terreno.

bastoncini da trekking in carbonio sono più leggeri di quelli in alluminio, come per i telai delle biciclette trasmettono di più le vibrazioni e come per i telai sono più fragili in caso di caduta. I bastoncini in carbonio costano tendenzialmente più di quelli in alluminio.

Tipologia e materiale dell’impugnatura dei bastoncini da trekking

L’impugnatura è il punto di contatto con i bastoncini da trekking e dalla sua tipologia e dal suo materiale dipendono il feeling e il comfort durante il loro uso.

Esistono essenzialmente 2 tipi di impugnatura: una è una semplice ricopertura del tubo, l’altra è sagomata variamente per facilitare la presa e garantirla più salda. Il secondo tipo è ovviamente più ergonomico, comodo e sicuro, il primo è il tipo basico entry-level per gli usi meno tecnici.

Oltre a ciò alcuni modelli hanno una seconda impugnatura sotto quella principale: è utile quando si affrontano brevi tratti in salita per non doversi fermare ad accorciare i bastoncini. Infine alcuni modelli hanno una specie di manopola anche sopra al tubo che può servire per appoggiare il palmo della mano sia in salita, per darsi lo slancio, che in discesa per appoggiarsi.

Riguardo ai materiali usati per le impugnature dei bastoncini da trekking, sono essenzialmente 3: la plastica PVC, la gomma EVA tipo quella dell’intersuola delle scarpe, il sughero.

La plastica PVC è la più resistente all’usura, però è meno confortevole perché meno morbida e con le mani sudate può risultare scivolosa. Altro vantaggio della plastica è che non si inzuppa, nel caso di uso invernale, per esempio con le ciaspole.

La gomma EVA è porosa e morbida, assorbe bene le vibrazioni, ha un buon grip anche con le mani sudate ma con la neve trattiene un po’ di umidità e tende a consumarsi più in fretta.

Il sughero è sempre meno utilizzato perché è quello più soggetto a usura però ha un ottimo feeling anche con le mani bagnate, soprattutto in termini di saldezza della presa.

Con l’impugnatura bisogna anche considerare i laccioli, che ormai sono tutti in tessuto tecnico sintetico: ciò che fa la differenza è il sistema di regolazione, che può essere più o meno rapido e preciso (quelli a scorrimento sono meno precisi e più lenti da regolare, quelli a clip pesano di più).

Puntale dei bastoncini da trekking

Infine c’è il punto di contatto dei bastoncini da trekking con il terreno, e cioè il puntale. Alcuni modelli hanno una vera e propria punta, altri una punta tagliata con varie zigrinature che aumentano il grip.

Per le passeggiate su sentieri di poca pendenza, tendenzialmente terrosi, possono andar bene anche le prime, per i passaggi più tecnici su pietraie in quota servono i secondi.

Alcuni modelli hanno anche dei sistemi anti-shock ammortizzati nei puntali per ammortizzare l’impatto con il terreno e ridurre le vibrazioni trasmesse a mani, polsi e avambracci: ovviamente questi dispositivi fanno aumentare il comfort ma anche il prezzo dei bastoncini da trekking.

Sempre relativamente al puntale c’è un’ultima annotazione, che riguarda le rondelle: quelle più piccole sono per le camminate estive, quelle più larghe per un uso invernale sulla neve. Normalmente sono vendute entrambe in dotazione e comunque è bene sincerarsi che si possano svitare e cambiare secondo necessità.

Come si usano i bastoni da trekking per camminare in montagna


Il modo in cui si usano i bastoni da trekking può fare davvero la differenza in fatto di sicurezza e comfort durante una escursione in montagna o un cammino lungo dei sentieri.

Regolare in altezza, impugnare e usare correttamente i bastoni da trekking garantisce infatti numerosi benefici, tra cui:

  • Aiutare a mantenere un passo regolare sui terreni pianeggianti
  • Scaricare parte del peso dello zaino da schiena e gambe
  • Ridurre la fatica
  • Dare equilibrio nei passaggi tecnici su pietre e nel guado di fiumi
  • Dare sostegno ed equilibrio nei tratti con salite e discese di accentuata pendenza

Come regolare bene i bastoni da trekking

La prima cosa da fare quando si usano i bastoni da trekking è regolarli alla giusta altezza. L’altezza corretta di regolazione dei bastoncini è quella per cui, tenendo le braccia lungo i fianchi, si afferra l’impugnatura tenendo il gomito piegato ad angolo retto o poco più di 90° (ma mai meno di tale ampiezza).

Oggi la maggior parte dei bastoncini è di tipo telescopico e hanno 2 o più sezioni di tubo: nel caso di 3 sezioni di tubo è fondamentale regolarle in modo omogeneo (normalmente hanno un centimetro con delle tacche ogni 5 o 10 cm) di modo da non avere differenze di forza e resistenza quando si applica maggior pressione.

Se la regolazione corretta per un cammino più o meno in piano è con il gomito circa ad angolo retto, quando si procede in salita si possono accorciare, per non ritrovarsi ad alzare troppo le braccia verso l’alto con il rischio di sbilanciarsi indietro, e quando si procede in discesa si possono allungare per non chinarsi troppo in avanti con il busto, con il rischio di perdere l’equilibrio verso valle.

Come impugnare i bastoni da trekking

Per impugnare i bastoni da trekking nel modo giusto non bisogna fare riferimento solo all’impugnatura, che può essere sagomata ed ergonomica oppure una semplice ricopertura del tubo di alluminio o carbonio, ma occorre partire dai laccioli. I laccioli sono quelle asole di tessuto tecnico fissate alla manopola superiore e solitamente regolabili: per impugnare bene i bastoni da trekking bisogna infilare la mano nel lacciolo dal basso e poi stringere la mano intorno all’impugnatura mantenendo il lacciolo tra il bastone e l’incavo del pollice.

In questo modo si ottiene un doppio vantaggio: si può stringere l’impugnatura del bastone da trekking quando lo si richiama o si fa pressione, e si appoggia invece il polso, rilassando la presa e i muscoli dell’avambraccio, quando si termina la spinta durante il cammino, senza il rischio di perdere i bastoni.

Come si usano i bastoni da trekking

Come si usano i bastoni da trekking dipende dal terreno su cui si procede: camminare in piano, su terreno tecnico, in salita o in discesa prevede diverse tecniche di uso dei bastoncini da camminata.

Come si usano i bastoni da trekking in piano

Camminare in piano è la situazione standard da cui cominciare a usare i bastoncini. Lungo sentieri senza pendenze i bastoni da trekking si usano con la tecnica del passo alternato: quando portiamo avanti il piede destro, portiamo avanti anche la mano con il bastoncino sinistro, e viceversa.

I bastoncini da trekking non appoggiano mai avanti ai piedi, ma toccano terra accanto all’altezza corrispondente alla punta del piede, e da qui cominciano a spingere verso indietro grazie all’azione delle braccia, con le mani che rilasciano la presa e si affidano al lacciolo man mano che il bastoncino rimane dietro al corpo.

La fase di richiamo avviene riafferrando l’impugnatura e sollevando il puntale da terra senza strisciarlo.

Come si usano i bastoni da trekking nei passaggi tecnici su pietre o fiumi

Quando si usano i bastoni da trekking nei passaggi tecnici su pietre o fiumi occorre allargare un po’ le braccia e quindi i punti di appoggio.

Qui infatti i bastoncini servono per garantire l’equilibrio e una base larga permette di far leva con maggior comodità e sicurezza. In queste situazioni ci si renderà conto che lavorano maggiormente le braccia e che parte dello sforzo è scaricato su di esse.

Come si usano i bastoni da trekking in salita e in discesa

In salita e in discesa cambia un po’ la tecnica con cui si usano i bastoni da trekking. In salita e in discesa infatti non si procede con il passo alternato ma prima si puntano i 2 bastoni, assicurandosi uno alla volta che facciano ben presa sul terreno, e poi si effettua un passo completo per portare i piedi e il corpo tra i 2 bastoncini.

A questo punto si ripete l’operazione e si procede così un passo dopo l’altro. Sia in salita che in discesa è fondamentale non puntare mai i bastoni troppo lontano, ma solo alla distanza che ci permette di mantenerli verticali.

Una tecnica molto usata in salita è quella di togliere le mani dai laccioli in modo da poter variare l’impugnatura, anche sfruttando la sezione con grip che si trova sotto l’impugnatura principale nei modelli di miglior qualità.

Come si usano i bastoni da trekking nei traversi

Nei traversi, con un fianco a valle e l’altro a monte, occorre sfalsare l’altezza di regolazione dei bastoncini, accorciando quello che starà a monte e allungando quello a valle.

In questo caso la loro funzione è soprattutto di equilibrio e si procede come in salita e in discesa, puntando prima leggermente avanti i due bastoni, uno alla volta, e poi compiendo un passo completo con entrambi i piedi per portarci tra i due bastoncini.

I cibi salutari che pensavi facessero male


Ci sono cibi salutari che pensavi facessero male. Pizza, fritti e cioccolato per esempio, di cui ci siamo privati per anni e che invece non sono nostri nemici.

Come spiega la dottoressa Chiara Manzi, nutrizionista italiana e docente universitaria, massima esperta in Europa di Culinary Nutrition, raccontando anche come abbinare e cucinare i cibi, per non rinunciare a nulla, essere sani e restare o tornare in forma.

Perché certi piccoli peccati di gola considerati poco salutari in realtà non solo non fanno male, ma, inseriti nel modo corretto nella nostra alimentazione, possono essere dei fidati alleati del nostro benessere e della forma fisica, anche dopo gli eccessi delle feste.

I cibi salutari che pensavi facessero male

“Fermo restando che ognuno di noi dovrebbe adottare una dieta varia e bilanciata pensata in base alle proprie esigenze, e che, in caso di patologie o sensibilità alimentari, è sempre opportuno consultare il proprio medico, credo sia arrivato il momento di assolvere quei cibi o quelle cotture che da tempo sono accusati ingiustamente commenta la dottoressa Chiara Manzi.

La Dieta Mediterranea, che non esclude alcun alimento o macrocategoria, è ormai considerata come il miglior regime alimentare, inclusa dal 2010 addirittura nella lista UNESCO dei Patrimoni Immateriali dell’Umanità.

Con la Culinary Nutrition, abbiamo una sorta di evoluzione di questo tipo di alimentazione. Recenti studi, infatti, hanno dimostrato come, abbinando in un certo modo gli ingredienti e seguendo determinate procedure per la cottura, possiamo mangiare tutto ciò che amiamo, senza privarci di nulla, compreso pizza, fritti e cioccolato”.

Nel suo ultimo libro, “Cucina Evolution. In forma senza dieta”, edito da Art Joins Nutrition, la dottoressa Chiara Manzi illustra in modo approfondito i principi base da seguire per avere un’alimentazione che non escluda nulla, consentendoci di restare in salute e in perfetta forma. Per amplificarne i benefici, inoltre, la dottoressa consiglia di portare a tavola anche alcuni cibi che (forse) ancora si conoscono e si consumano poco.

1. Sì a pasta e pizza, anche con farina raffinata, ma aggiungiamo fibre solubili

I carboidrati vengono spesso demonizzati, soprattutto quelli a base di farina raffinata. Sebbene, in effetti, siano da preferire i prodotti integrali, più ricchi di fibre, dobbiamo ammettere che spesso il gusto viene compromesso.

Pensate a un soffice dolce, che risulterebbe meno lievitato, o ad un piatto di carbonara, non è certo la stessa cosa! La soluzione, dunque, è quella di aggiungere inulina a catena lunga, una fibra solubile non digeribile che potenzia la microflora e non altera il sapore.

Il piatto risulterà ricco di fibre, gustoso e con un minor impatto glicemico.

2. Olio Extravergine di Oliva, un toccasana a crudo, che può essere usato anche in cottura

L’olio EVO è un grasso vegetale, ma, proprio come nel caso degli zuccheri, non ne esiste un tipo soltanto. Questo olio nello specifico è ricco di acidi grassi monoinsaturi, che proteggono cuore e arterie, è ricco di vitamina

E, un potente antiossidante che contrasta l’invecchiamento cellulare, e di polifenoli, che migliorano la microflora intestinale. Questo, però, non significa che possiamo irrorare i nostri piatti di olio.

Ricordate che è pur sempre un grasso, ed un consumo eccessivo è sconsigliabile. Inoltre, ogni cucchiaio apporta 90 kcal. Dunque, usiamolo nelle giuste quantità per insaporire i nostri piatti, senza eccedere.

3. Sì alla cottura

Sfatiamo subito il mito secondo il quale i cibi crudi siano più salutari. Se questo può essere vero per alcuni alimenti, che magari rischiano di perdere parte dei nutrienti durante la cottura, non vale per altri. Alcuni alimenti, infatti, consumati da crudi risultano essere meno nutrienti, come nel caso delle carote: i carotenoidi si assimilano solo al 5% se le consumiamo crude!

4. Uova, assolte in pieno dal “reato di colesterolo”

A sfatare il falso mito che facciano ingrassare e aumentino il colesterolo, ci hanno pensato diversi ricercatori, in particolare, un gruppo dell’Università di Sidney, ha appurato che, anche mangiando fino a 12 uova alla settimana, non si verifichino aumenti né di peso, né di colesterolo.

Senza arrivare a queste quantità, le uova presentano proteine di alto valore biologico e importanti micronutrienti come la vitamina A, la B12, acido folico (importante in gravidanza), ferro, calcio, fosforo e potassio. Infine, il tuorlo è ricco di lecitine, che riducono l’assorbimento intestinale del colesterolo.

5. Cioccolato, un peccato di gola che puoi sempre concederti

Il cioccolato viene spesso utilizzato per premiarsi di qualcosa, o per tirarsi su, pensando che vada consumato solo raramente per evitare di ingrassare o pensando che possa far male.

Al contrario, il cioccolato fondente al 70% o più, è ricco di flavonoidi, in grado di regolare la microcircolazione sanguigna e linfatica, favorire la protezione dei piccoli vasi venosi, proteggere il fegato e rinforzare il sistema immunitario.

A patto di non assumerlo insieme ai latticini perché la caseina impedisce l’assorbimento intestinale dei flavonoidi.

In questi grigi pomeriggi invernali, dunque, non neghiamoci una tazza di cioccolata calda, magari sostituendo il latte con acqua, o concediamoci della gustosa crema spalmabile alle nocciole, scegliendo quelle povere di zuccheri e grassi e arricchite con inulina.

6. Fritto, buono e salutare se lo fai così

Tutte le diete vietano la frittura, nonostante sia un metodo di cottura che conserva benissimo molte vitamine e che se fatta nel modo giusto può contenere meno grassi di un’insalatona.

Seguendo questi accorgimenti 100 g di frittura infarinata con farina di riso assorbirà circa 4 g di olio: l’olio deve essere abbondante (1L ogni 100g di prodotto) e ad una temperatura costante di 170°C; prima di friggere l’alimento, mettetelo a raffreddare in freezer, assorbirà la metà del grasso; il fritto andrà scolato bene e poi tamponato tre volte in carta assorbente; infine, evitare la formazione di sostanze dannose come l’acrilammide, sostanza cancerogena che si forma quando le impanature passano da dorate a marroncine.

7. Curcuma e pepe nero, le spezie che riducono il girovita

Questa coppia vincente ha il potere di ridurre il girovita. La curcumina vanta molte proprietà positive, abbassa il colesterolo, inibisce la formazione di cellule grasse, aiuta l’umore, ma il suo assorbimento intestinale è molto basso se non viene accostata alla piperina del pepe nero, che stimola i villi intestinali e ne aumenta l’assimilazione fino a duemila volte.

Dunque, aggiungi questa coppia vincente alle tue ricette dalla panatura della cotoletta (usa albume, curcuma e pepe nero) e alla marmellata.

8. Meno lattosio, più benessere

Per la preparazione di dolci, meglio scegliere i prodotti delattosati (latte, ricotta, mascarpone).

Pur mantenendo gli stessi valori nutrizionali del latte con lattosio, è molto più dolce e ci consente di aggiungere meno zucchero. Contiene, infatti, un mix di zuccheri, glucosio e galattosio, che ha un potere dolcificante doppio rispetto a quello del lattosio.

9. Eritritolo, il dolcificante naturale a 0 calorie, che ti permette di non rinunciare ai dolci

Questo dolcificante naturale appartiene al gruppo dei polioli e si ottiene dalla fermentazione di zuccheri naturalmente presenti in frutta e altri alimenti di origine vegetale.

Al contrario degli altri polioli ha zero calorie e non ha effetti lassativi. Ha un potere dolcificante pari al 70% del comune zucchero da tavola e non presenta alcun retrogusto, come, invece, la stevia.

Non influisce sui livelli di glucosio e di insulina nel sangue, rendendolo adatto anche a chi soffre di diabete, e non causa carie! Usalo al posto del classico zucchero bianco per i tuoi dolci, potrai concederti una piccola coccola senza sensi di colpa.

10. Inulina, l’amica di ogni piatto

Si tratta di fibra di cicoria, in commercio ce ne sono di diversi tipi e solo quella a catena lunga (Inulina Excellence) ha sapore neutro, ed è in grado di abbassare l’indice glicemico delle ricette e ridurre l’assorbimento di grassi e carboidrati, facendo anche uno sconto sulle calorie!

È un prebiotico in grado di aumentare la densità di Bifidobatteri e Lattobacilli nel nostro intestino, riducendo la carica di batteri nocivi.

Dai primi piatti, ai secondi, fino ai dolci, aggiungendo Inulina Excellence ad ogni preparazione si ottiene immediatamente una pietanza più ricca di fibre, sana e adatta anche a chi deve perdere peso.

Questi sono gli alimenti che aiutano il buonumore di cui non potrai più fare a meno


Per fare il pieno di energia, rafforzare le difese immunitarie e combattere lo stress: necessità, ma anche miraggi in un momento in cui impazzano le incertezze economiche, la guerra e le preoccupazioni per il futuro.

Fateci caso, intorno a noi dilaga il disagio psicologico tra chi ne parla e chi cerca di mascherarlo (ma non riesce a contenere reazioni nervose, ansiose, preoccupate).

Un momento storico difficile in cui ritrovare il sorriso sembra non sia semplice, se non aiutandoci con strategie ad hoc e molta forza di volontà. E se il cibo potesse aiutarci a ritrovare il buonumore?

Ebbene sì, sono tanti gli studi scientifici che hanno evidenziato i legami tra alimentazione e umore: un cervello malnutrito è più sensibile allo stress, alle difficoltà quotidiane e vulnerabile all’ansia.

Allo stesso tempo, alcuni cibi, se assunti con regolarità, possono avere un effetto “antidepressivo”. Alcuni di questi, infatti, stimolano la produzione di neurotrasmettitori coinvolti nella gestione dell’umore, riducendo anche l’infiammazione corporea con effetti positivi sul microbiota e sul metabolismo.

Niente diete restrittive, ma solo un nuovo elenco di alimenti che fanno bene al sorriso. Scopriamo quali.

Il rapporto tra cibo e neurotrasmettitori

Come ormai sappiamo da tempo, il nostro umore è legato all’attività dei neurotrasmettitori ed è influenzato dagli ormoni sintetizzati dagli aminoacidi presenti negli alimenti.

La dopamina e la noradrenalina, ormoni prodotti dalla tirosina, sono ad esempio responsabili delle sensazioni di energia e vitalità e sono essenziali nell’apprendimento.

La serotonina e la melatonina, derivate dal triptofano, favoriscono invece la calma e la serenità.

Ci sono però altre sostanze che hanno un ruolo fondamentale: il magnesio regola l’umore, il selenio riduce il rischio di depressione, le vitamine B1, B6, B9 e B12 contribuiscono a trasformare il triptofano in serotonina, la vitamina D è essenziale nel combattere gli stati depressivi e gli omega-3 assicurano benefici per il cervello.

In pratica, nel cibo c’è tutto ciò che ci serve per ritrovare il buonumore: dobbiamo solo capire cosa mangiare frequentemente per aiutarci in modo naturale.

Gli alimenti alleati del buonumore: la lista della spesa

Secondo gli esperti, gli alimenti alleati del buonumore sono questi:

Gli agrumi

Limoni, arance, clementine e mandarini rafforzano il nostro sistema immunitario grazie al loro contenuto di vitamina C, vitamina coinvolta anche nelle trasmissioni neuronali e nel metabolismo dei neurotrasmettitori.

Le mandorle

Oltre al ricco contenuto di fibre, vitamina E e antiossidanti, le mandorle vantano anche alti livelli di triptofano, precursore della serotonina, quindi un aiuto efficace e reale per il buonumore. Ne bastano circa 10 al giorno.

Le banane

Un frutto leggero, che sazia efficacemente, ma che assicura anche un’ottima quantità di triptofano, dopamina, vitamina B6, magnesio e potassio. In breve, aiuta il sorriso e soddisfa il palato.

Il cacao

È noto da tempo: il cioccolato è alleato del buon umore, una coccola avvolgente che piace ai golosi, ma non solo. Il cacao genera felicità perché contiene magnesio, un minerale antistress che regola il sistema nervoso e promuove l’equilibrio psicologico ed emotivo, anche in fase di sindrome premestruale.

Sotto forma di cioccolato fondente è perfetto per il massimo del risultato.

Il formaggio

La mozzarella, la ricotta e la feta sono amiche del sorriso. Sì, perché sono ricchi di siero di latte e quindi di triptofano, ma anche di vitamina B12 la cui carenza è spesso legata all’umore irritabile e problemi di memoria.

Le lenticchie

Oltre a essere buone sono anche antidepressive. Tutto grazie al loro contenuto di vitamina B9, ovvero acido folico, essenziale per la sintesi dei neuromediatori.

Nocciole del Brasile

Tanti purtroppo non lo sanno, ma il selenio è importantissimo perché vanta una potente azione antiossidante ed anti age, sostiene una corretta funzione tiroidea (che incide, tra le tante cose, anche sull’umore) e, secondo studi recenti, favorisce anche il benessere mentale. Uno dei migliori alimenti per integrarlo è la nocciola del Brasile, croccante e deliziosa.

Uova e pesci grassi

Ottime da alternare ad altre proteine, le uova hanno un tuorlo ricco di vitamina D che stimola la produzione di endorfine, serotonina e dopamina, alias i neurotrasmettitori che regolano il tono dell’umore contrastando la depressione.

Lo stesso discorso vale anche per i pesci grassi come il salmone, il tonno e lo sgombro: contengono tanta ottima vitamina D, ma anche alte quantità di omega-3 o DHA che favoriscono il rilascio di serotonina ed endorfine nel cervello.

Riso integrale

Tra gli alimenti della felicità spicca anche il riso integrale con il suo generoso contenuto di triptofano, il precursore della serotonina.

Come ritrovare il sorriso (non solo a tavola)

Saranno consigli che forse avrete sentito infinite volte (ma se gli esperti insistono un motivo ci sarà!): per aiutare il buonumore è importante fare attività fisica, dormire bene la giusta quantità di ore, concentrarci su attività che ci rilassino, concederci del tempo libero dedicato solo a noi stessi.

Inoltre, è meglio il più possibile gli alimenti grassi, molto salati e zuccherati: sono finti comfort food che non fanno bene alla salute.

Lagarde dice che Bce taglierà tassi presto, salvo grosse sorprese


La Banca centrale europea (Bce) taglierà presto i tassi, a meno che non ci siano grosse sorprese.

Lo ha detto la presidente della Bce Christine Lagarde.

“Abbiamo solo bisogno di guadagnare un po’ più di fiducia in questo processo disinflazionistico, ma se la situazione evolve secondo le nostre aspettative, se non c’è uno shock significativo, stiamo andando verso un periodo in cui dobbiamo moderare la politica monetaria restrittiva”, ha detto Lagarde alla Cnbc.

Dimagrire andando in bicicletta: ecco come fare


Adotta una cadenza ottimale: Cerca di mantenere una cadenza di pedalata costante tra i 70 e i 90 giri al minuto per sfruttare al meglio la tua potenza muscolare e ridurre il rischio di lesioni

Focalizza sull’allenamento strutturato: Segui un programma di allenamento ben strutturato per massimizzare i risultati e prevenire il sovrallenamento

Utilizza la potenza: L’utilizzo di un misuratore di potenza ti permette di monitorare e ottimizzare il tuo sforzo durante le sessioni di allenamento, consentendoti di bruciare più calorie in modo più efficiente

Monitora la tua frequenza cardiaca: L’allenamento in diverse zone di frequenza cardiaca ti aiuta a bruciare più grassi e migliorare la tua resistenza aerobica

Segui una dieta bilanciata: Assicurati di consumare una dieta bilanciata per sostenere le tue prestazioni in bicicletta e favorire la perdita di peso

Pianifica i tuoi pasti e gli spuntini: Mangiare piccoli pasti frequenti può aiutare a mantenere alto il tuo metabolismo e prevenire i cali di energia durante le sessioni di allenamento

Integra con supplementi: Se necessario, considera l’assunzione di integratori durante o dopo le sessioni di allenamento per favorire il recupero muscolare e l’adattamento all’allenamento

Valuta l’efficacia del tuo allenamento: Utilizza strumenti come il Training Stress Score o l’Intensity Factor per valutare l’intensità e l’efficacia delle tue sessioni di allenamento

Sviluppa la tua forza: Integrare esercizi di forza specifici per il ciclismo nella tua routine di allenamento può migliorare la tua potenza e la tua resistenza sulle salite

Ricevi feedback professionale: Consulta un allenatore e un dietologo per ricevere feedback e consigli personalizzati sulla tua tecnica di pedalata, il tuo programma di allenamento e la tua alimentazione

Riduzione dell’87% delle emissioni degli edifici con paglia e canapa


Uno studio su edifici in Svizzera afferma che in 60 anni un edificio può ridurre le emissioni quasi al 90%. Numeri incredibili se si scommette su prodotti di natura biologica come paglia e canapa per l’isolamento termico. Il nemico maggiore rispetto a questa prospettiva? Ma c’è ancor troppo scetticismo.  

La riduzione di emissioni è all’ordine del giorno sotto diversi punti di vista come, ad esempio, quello che riguarda gli edifici. Il risultato? Un miglioramento grazie alla combinazione di tecnologie e materiali a base biologia come la canapa e la paglia.

Dalla Svizzera, infatti, arriva uno studio apposito che promette di rivoluzionare il mercato del settore. Sono i ricercatori dell’ETH di Zurigo che hanno messo a punto questo studio che potrebbe segnare un punto di svolta per l’effettiva e duratura riduzione delle emissioni degli edifici.

Si parla di un abbattimento di queste emissioni di circa l’87%, numeri incredibili e forse impensabili fino a non tanto tempo fa.

Un lavoro di team portato avanti anche con altre università svizzere. Non si è fatta attendere anche in questo campo l’Intelligenza Artificiale: grazie ad essa, infatti, questo gruppo di studio ha calcolato emissioni e costi della CO2 tenendo conto dei possibili rischi futuri. In questo modo il modello sarà più accurato possibile.

I professori Habert e Sudret, rispettivamente docente di Edilizia Sostenibile e Quantificazione del Rischio dell’ETH di Zurigo, ha utilizzato le colonne dell’autorevole rivista Nature Communications per spiegare lo studio. Il tutto si fonda in un certo senso sullo sfruttamento di materiali come canapa e paglia.Expand article logo  

Possibile? Assolutamente sì. Questa combinazione unisce l’aumento dell’isolamento termico con la sostituzione dell’impianto di riscaldamento.

Uno studio accurato e approfondito dunque che ha preso il via proprio dalla Svizzera e dagli 1,8 milioni di edifici che sono nel Paese. Non poteva essere altrimenti anche perché questi sono diciamo così responsabili di più del 40% della domanda energetica della nazione elvetica.

La partenza è stata segnata con lo studio di sei edifici costruiti tra il 1911 e il 1988, un campione dell’intero sistema immobiliare della Svizzera. Il calcolo del tram di studio ha visto il volume delle emissioni di gas serra, conseguenti alle varie misure di ristrutturazione nel ciclo di vita di quello stesso immobile.

Lotta futura alle emissioni

E quali sono gli interventi? La sostituzione del sistema di riscaldamento originale con uno alimentato a pellet o pompa di calore.

L’utilizzo di strati isolanti con materiali convenzionali come la fibra di vetro, la lana minerale o le fibre di cellulosa oppure con materiali isolanti realizzati con piante che crescono rapidamente proprio come la paglia e la canapa.

Insomma, emerge chiaro il fatto che la scelta del materiale da costruzione incide in maniera netta sulla riduzione di emissioni per gli edifici.

Basti pensare che i materiali isolanti convenzionali possono determinare emissioni di CO2 elevate, al contrario quelli fatti con materie prime rinnovabili producono emissioni di gas serra notevolmente inferiori. Non solo: questi possono assorbire CO2 dall’atmosfera e conservarla in un certo senso per lungo tempo nell’edificio.

Gli studi parlano chiaro: gli edifici svizzeri in un ciclo di 60 anni possono ridurre fino all’87% di emissioni di gas serra passando proprio alle pompe di calore o pellet di legno oppure scegliendo di investire su materiali come balle di paglia, canapa stuoie o cemento di canapa.

Una percentuale precisa? Certamente no, visto che possono incidere il surriscaldamento del clima, la variazione del prezzo di energia, il comportamento e utilizzo degli utenti e così via.

Tuttavia, si fa sempre più largo la concezione dell’importanza dei materiali di origine naturale anche nei confronti di chi ancora oggi nutre forse ancora troppi dubbi.

G7, l’Iran rischia di provocare escalation incontrollabile


“Con le sue azioni, l’Iran ha compiuto ulteriori passi verso la destabilizzazione della regione e rischia di provocare un’escalation regionale incontrollabile. Questo deve essere evitato”.

Lo affermano i leader del G7 nella dichiarazione al termine della riunione in videoconferenza convocata dalla presidenza italiana, esprimendo la condanna “in modo inequivocabile e nei termini più forti l’attacco diretto e senza precedenti dell’Iran contro Israele.

L’Iran ha lanciato centinaia di droni e missili verso Israele. Israele, con l’aiuto dei suoi partner, ha sconfitto l’attacco”.

“Esprimiamo la nostra piena solidarietà e sostegno a Israele e al suo popolo e riaffermiamo il nostro impegno per la sua sicurezza”, aggiungono i leader, assicurando che continueranno “a lavorare per stabilizzare la situazione ed evitare un’ulteriore escalation.

In questo spirito, chiediamo che l’Iran e i suoi alleati cessino i loro attacchi, e siamo pronti ad adottare ulteriori misure ora e in risposta a ulteriori iniziative destabilizzanti”.

Terza Guerra Mondiale: Un Conflitto Silenzioso o già in Corso?


La terza guerra mondiale è un argomento di interesse e preoccupazione per molti, ma è importante affrontarlo con obiettività e analisi.

Alcune teorie suggeriscono che la terza guerra mondiale sia già iniziata, sebbene in forme più subdole e meno immediate rispetto alle precedenti.

Infatti, dall’inizio del ventunesimo secolo si sono verificati conflitti regionali e tensioni geopolitiche crescenti, con potenze mondiali coinvolte in alterchi politici, economici e militari. La crescente competizione tra i paesi per il predominio globale e la lotta per risorse cruciali come l’acqua e l’energia, unite alle dispute territoriali, creano un terreno fertile per un conflitto su scala globale.

Tuttavia, nonostante le tensioni e le incertezze, è importante mantenere un atteggiamento di speranza e cercare soluzioni pacifiche che possano evitare un’eventuale escalation dell’attuale clima internazionale.

  • L’inizio della terza guerra mondiale non è una questione di data precisa o di evento specifico, ma si ritiene che le tensioni globali abbiano raggiunto livelli preoccupanti negli ultimi anni.
  • Alcuni esperti affermano che le principali cause che potrebbero scatenare un conflitto su scala globale sono le tensioni geopolitiche, il nazionalismo crescente, le rivalità tra superpotenze e la corsa agli armamenti.
  • La terza guerra mondiale potrebbe essere caratterizzata da uno scenario completamente diverso rispetto ai conflitti del passato, con una maggiore presenza di azioni cibernetiche, guerriglia ibrida e armi avanzate come i droni.
  • Gli effetti della terza guerra mondiale sarebbero devastanti per l’intera umanità, con la possibilità di distruzione nucleare, collasso economico globale, migrazioni di massa e impatto ambientale catastrofico. Pertanto, è fondamentale lavorare per la pace, la diplomazia e la cooperazione internazionale per evitare un simile scenario catastrofico.

Qual è la probabilità che si verifichi una guerra?

L’eccezione rappresentata dalla probabilità di una fase di pace dopo un periodo di grande violenza è un’anomalia statistica, ma lascia intravedere una speranza. Storicamente, è successo solo nel meno dell’1% dei casi che le due guerre mondiali siano state seguite da un periodo di pace o di significativa riduzione dei grandi conflitti.

Questa considerazione suscita l’interrogativo: qual è la probabilità che si verifichi una guerra nel futuro?

Tuttavia, la possibilità che una fase di pace emerga dopo un periodo di grande violenza è un evento eccezionale dal punto di vista statistico. Solo l’1% delle volte le due guerre mondiali sono state seguite da un periodo di calma o di riduzione significativa dei conflitti. Questo inevitabilmente ci porta a chiederci quale sia la probabilità di un futuro scenario bellico.

In caso di guerra, dove si può trovare rifugio?

In caso di guerra, è importante trovare un luogo sicuro in cui cercare rifugio. Secondo una lista, al di fuori delle prime quattro realtà più sicure, si trovano paesi come l’Austria, la Svizzera, l’Irlanda e la Repubblica Ceca. Proseguendo nella classifica, ci sono anche il Canada, Singapore e il Giappone, seguiti dalla Finlandia, la Norvegia, la Svezia e infine l’Australia.

Questi paesi offrono un ambiente stabile e sicuro in cui le persone possono trovare protezione durante tempi di conflitto.

Quali sono le azioni da intraprendere in caso di guerra?

In caso di guerra, è fondamentale agire con prontezza e cautela per garantire la propria sicurezza.

Se si incontra persone armate o veicoli militari, è consigliabile lasciare immediatamente l’area pericolosa, se possibile.

È importante anche informare le forze dell’ordine, le autorità locali e i militari sulle persone che commettono azioni illegali e provocatorie.

Queste azioni possono contribuire a mantenere una situazione di maggiore sicurezza durante un periodo di conflitto.

Le radici della Terza Guerra Mondiale: dall’escalation delle tensioni al conflitto globale

Le tensioni internazionali sono salite a livelli preoccupanti, alimentando le paure di una possibile Terza Guerra Mondiale.

Il conflitto tra grandi potenze, come gli Stati Uniti e la Cina, e la loro rivalità geopolitica per l’egemonia mondiale, hanno contribuito all’escalation delle tensioni. Inoltre, le crescenti disuguaglianze economiche e sociali, l’instabilità politica in alcune regioni e la corsa agli armamenti hanno reso il terreno fertile per un possibile conflitto globale.

È fondamentale trovare rapidamente soluzioni diplomatiche per evitare una catastrofe di portata mondiale.

Quindi e cruciale che la comunità internazionale promuova il dialogo, la diplomazia e la cooperazione per evitare una catastrofe di tali proporzioni. Solo attraverso un impegno condiviso per la pace e la stabilità sarà possibile impedire l’insorgere di una terza guerra mondiale e costruire un futuro migliore per le generazioni presenti e future.

Russia “la Nato si prepara alla guerra”


L’attesa cresce, la tensione sale e il dubbio atroce assale: dobbiamo attenderci una guerra tra la NATO e la Russia?

Il pericolo è più di una sensazione, se si guarda al confine orientale russo, quello sul Baltico della città di Kaliningrad.

Poco più a sud, al confine tra Polonia e Lituania, nel corridoio di Suwalki lungo circa 100 km e più precisamente, nella città di Korzeniewo, è partita da più di un mese l’esercitazione “Dragon 24”, la più vasta mai vista dal dopoguerra, con più di ventimila uomini, militari provenienti da tutti i paesi della Nato.