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Conseguenze dello stare al cellulare


Chiamate, messaggi, scrollare i social: è quello che molti di noi fanno appena svegli. Ed è l’abitudine più sbagliata che ci possa essere, ecco perché non bisognerebbe guardare il telefono appena svegli e quali sono le conseguenze.

Perché non bisognerebbe guardare il telefono appena svegli?

Usare il telefono appena svegli è una delle abitudini più sbagliate che possiamo avere, e questo ha degli effetti notevoli sul cervello e sull’organismo. Ecco perché. Da appena svegli utilizzando il cellulare, rispondendo a notifichemessaggi e stando sui social bombardiamo il cervello di informazioni anche inutili che generano poi ansia e stress dovuto a tecnologia.

Si tratta di un’abitudine che, secondo i dati IDC, riguarda due terzi degli utenti di tutto il mondo.

Un vero e proprio automatismo da nomofobia che spinge il 75% degli under 35 a portare lo smartphone ogni sera fin dentro il proprio letto. Non senza conseguenze sul medio e lungo termine.

Controllare il cellulare prima ancora di essersi alzati dal letto significa entrare in una sorta di eccesso di stimoli intrusivi, cosa che, di prima mattina, non può certo giovare al benessere emotivo.

È un modo brusco di svegliare il cervello e il corpo e trasmette un messaggio negativo, che va contro la nostra tranquillità.

Si tratta di una sorta di FOMO (“Fear Of Missing Out”) che mette in moto il cervello bruscamente con un elenco infinito di incombenze che generano ancora più stress. Per vincere la tentazione di guardare il telefono appena svegli, la soluzione migliore è lasciarlo fuori dalla camera da letto e tornare a usare la tradizionale sveglia.

Anche la star americana dei social Kourtney Kardashian ha rivelato di aver optato per la suoneria “chime” tra quelle disponibili sul suo iphone. Perché svegliarsi sulle note discrete di un suono che sembra provenire da un altro mondo aiuta ad affrontare la giornata in modo diverso, almeno non in modo stressante e nervoso.

Il nostro organismo, dice l’esperto, necessita di gradualità al mattino, non tanto nell’esposizione alla luce ma piuttosto per i suoi meccanismi cerebrali.

La stimolazione cognitiva ed emotiva data dallo smartphone rappresenta un interruttore che spegne e riaccende il cervello in modo più rapido del previsto, alterandone i bioritmi e aumentando la produzione di cortisolo, l’ormone dello stress.

Non guardare il telefono appena svegli: rimedi

Uno studio pubblicato sulla rivista AnxietyStress and Coping conferma quanto faccia male al cervello utilizzare il telefono appena svegli. L’esposizione alle informazioni lette sul display aumenta drasticamente l’ansia e il nervoso nelle persone.

Risulta inoltre che si tende a focalizzare l’attenzione verso le notizie negative che trasmettono solo malessere e tensione. Guardare il telefono appena svegli non è il modo giusto di cominciare la giornata.

Il rischio in primis è quello di avvertire durante la giornata tensione emotiva, irritabilità, apprensione e mal di testa, per non parlare delle potenziali conseguenze a medio e lungo termine come complicazioni cardiocircolatorie e metaboliche. Ecco come non cedere a quest’abitudine malsana.

Mettere il cellulare in un’altra stanza o comunque lontano dal letto;

Lasciare il telefono in modalità aereo fino a quando si esce di casa;

Disattivare le notifiche, perché non fanno altro che alimentare il meccanismo di dipendenza senza stimolare alcun tipo di riflessione.

Lo stress fa invecchiare prima?


Lo stress, il nervosismo e una vita frenetica e caotica fanno invecchiare prima del tempo? Secondo uno studio, lo stress potrebbe essere un potente acceleratore dell’invecchiamento ma esiste una soluzione. Scopriamo cosa dice la scoperta shock.

Lo stress fa invecchiare prima? La scoperta shock

Lo stress fa invecchiare prima del tempo. Un intervento chirurgico d’emergenza, una gravidanza o una grave forma di Covid-19, potrebbe provocare un aumento dell’età biologica che però è, fortunatamente, reversibile.

Lo dimostra lo studio condotto su topi ed esseri umani, il primo a evidenziare come l’età biologica sia qualcosa di fluido che non avanza sempre in maniera lineare. I risultati sono pubblicati sulla rivista Cell Metabolism da un gruppo internazionale di ricerca coordinato da James White della Duke University School of Medicine e Vadim Gladyshev dell’Harvard Medical School di Boston.

Lo studio si basa sull’utilizzo di una nuova generazione di orologi biologici ‘epigenetici’ che valutano l’invecchiamento sulla base delle modificazioni chimiche che nel tempo vanno a rivestire il Dna cambiandone l’espressione.

Grazie a questi strumenti molecolari, sono andati a valutare le fluttuazioni dell’età biologica in seguito a stimoli fortemente stressanti. Lo hanno fatto sia nelle persone (ad esempio dopo un intervento chirurgico, una gravidanza o una grave infezione da Covid-19), sia nei topi. 

I risultati dimostrano che questi eventi fortemente stressanti possono aumentare l’età biologica nel giro di poco tempo (giorni o mesi), ma il processo è transitorio e può essere invertito dopo un periodo di recupero. Gli scienziati suggeriscono che la capacità di riprendersi dallo stress può essere un fattore determinante per un buon invecchiamento e per la longevità.

“La scoperta implica che un forte stress aumenta la mortalità, almeno in parte, aumentando l’età biologica. Questa idea suggerisce immediatamente che la mortalità può essere diminuita riducendo l’età biologica e che la capacità di riprendersi dallo stress può essere un fattore determinante per un buon invecchiamento e per la longevità. Infine, l’età biologica potrebbe essere un parametro utile per valutare lo stress fisiologico”, ha spiegato Vadim Gladyshev. 

Stress e invecchiamento della pelle: la correlazione 

Lo stress generato dalla vita frenetica produce effetti anche sulla pelle e sull’aspetto esteriore. A soffrire di più di questo “mal di stress” sono soprattutto le donne responsabili degli impegni familiari e più soggette ai processi naturali di invecchiamento cutaneo.

Uno studio realizzato dalla giornalista statunitense Anna Magee e dall’artista Auriole Prince ha fotografato gli effetti di dieci anni di vita stressante sul volto di alcuni volontari.

La pelle di una donna stressata risulta più “vecchia” addirittura di dieci anni: le tensioni disidratano la cute, producono arrossamenti in superficie e in profondità favoriscono processi infiammatori (rosacea e acne).

Inoltre, si osserva la chiusura parziale dei pori della pelle e al un aumento dell’attività del cortisolo e altri ormoni che favoriscono la produzione del sebo. Da qui la comparsa di brufoli e infiammazioni cutanee.

Il volto va incontro a una perdita di luminosità, assume un colorito grigiastro, a causa di un minore afflusso di sangue alla pelle. Compaiono borse sotto gli occhi, guance cadenti, rughe e zampe di gallina. Come fare per rimediare?

Dieta e stile di vita possono fare la differenza. 

Tra i consigli principali quello di dire addio al fumo e agli alcolici. Poi è bene curare il viso e proteggerlo dai raggi UV anche d’inverno e anche in città. E seguire una sana dieta e attività fisica costante.