ERMANNO FORONI – “Se questi sono uomini”


fotografia europea 2016

REGGIO EMILIA (40 km da Parma) nell’ambito della “Fotografia Europea 2016” , si porta all’attenzione dei gentili visitatori la mostra dal 13-05-2016 al 25-11-2016 del noto fotografo reggiano Ermanno Foroni.

ERMANNO FORONIVolti sublimi e dignità dolente dell’umano nelle immagini di Ermanno Foroni, autore reggiano che da oltre trent’anni ha fatto della fotografia la ragione della sua vita, girando il mondo alla ricerca della verità, impressa sui volti e sulle mani di milioni di persone che vivono in povertà e sofferenza.

BFMR & Partners Dottori Commercialisti, studio professionale di Piazza Vallisneri 4 Reggio Emilia, ospita una quarantina di sue fotografie analogiche in bianco e nero, oltre ad alcuni scatti a colori, realizzati dal 1986 ad oggi.

La mostra s’intitola “Se questi sono uomini” in riferimento alla celebre opera memorialistica di Primo Levi, punto di partenza per una riflessione che si estende, più in generale, alla condizione umana.

SANDRO PARMIGIANI critico«Ermanno Foroni – scrive il critico Sandro Parmiggiani – si è incamminato, per la prima volta trent’anni fa e poi con tenacia e passione fino a fare della fotografia la ragione e il destino della propria vita, sulle strade aspre, spesso ostili, di un mondo in cui la fatica e la sofferenza ancora sono il pane quotidiano di milioni di persone, non certo per scelte e colpe nitidamente loro attribuibili.

Partendo dal Brasile dei garimpeiros, che cercano l’oro in un ambiente che pare avere trasformato in realtà i gironi dell’Inferno immaginati da Dante, Ermanno si è ermanno-foroni-congo-2005-copiacalato con i “dannati della terra” nelle viscere di altre miniere (di carbone in Romania, d’argento in Bolivia, di zaffiri in Madagascar, d’oro e di coltan in Congo, di diamanti in Sierra Leone), e si è messo sulle tracce degli offesi e degli umiliati, dei vinti, a Sarajevo, in Palestina, Romania, Turchia, Marocco, Salvador, India, Bangladesh, Yemen, Kenia, Saharawi, Sierra Leone, Sud Africa, Afghanistan, Portogallo, e in “città-universo” quali New York, Parigi e Napoli.

Non insegue, questo globetrotter, nella sua immersione “senza rete” nel reale, il fascino formale di immagini edulcorate, né la ricerca della “posa” o della “bella fotografia” né tantomeno fa ricorso alle manipolazioni dell’elettronica, ma la verità e l’immediatezza di occhi, visi, mani, corpi di persone che vivono immersi nel dramma della guerra e della povertà, e che davanti al suo obiettivo rivelano il volto sublime e la dignità dolente dell’umano».

Orari di apertura al pubblico: da lunedì a venerdì 10-12 e 16-18. Fino al 25 novembre 2016

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Ermanno Foroni
BIOGRAFIA
Nasce a Reggio Emilia nel 1958. Da subito pone particolare attenzione ai temi sociali dell’emarginazione, dello sfruttamento del lavoro minorile e della condizione femminile.

Nel 1986 , un viaggio in Brasile trasforma l’interesse per la fotografia in passione ed impegno sociale. Seguono, negli anni successivi, vari reportage in diversi luoghi del pianeta: Brasile, Napoli, Sarajevo, Sooweto, Varanasi (India), Nazaré (Portogallo), Sanà (Yemen), …ecc.

Da queste esperienze sono nate diverse pubblicazioni: “La fatica di vivere” (Monografia FIAF), “Uomini senza” (UNESCO), “I colori del nero” (Diocesi di Reggio Emilia), “Sighetu Marmatiei: il ritorno del sogno” (CISL di Reggio Emilia), “Afganistan” (Comune di Casalgrande). Sua è anche la copertina del libro: “Korogocho. Alla scuola dei poveri” di padre Alex Zanotelli pubblicato da Feltrinelli.

Ha esposto in numerose mostre personali e collettive.

NOTA CRITICA
C’è ancora un motivo per la fotografia di reportage? C’è uno sbocco? C’è un interesse comune? Questa non vuol essere una difesa, ma una breve riflessione su di un filone espressivo che ha avuto il suo fulgore nei decenni in cui la stampa accoglieva i reportage fotografici come testimonianza di eventi non diversamente comunicabili.

Gli articoli, ovvero le parole, non sono quasi mai sufficienti ad esprimere impressioni e realtà che, per la loro complessità hanno bisogno di essere “visti”, se non dal vivo almeno da quella “impressione del vivo” che la fotografia riesce ad essere e dare.
Occorrono per questa funzione di testimonianza fotografi, uomini e donne, che rispetto agli altri sono come strumenti tarati in modo diverso.

Misurano ciò che vedono da angoli visuali che si appoggiano sulla loro personale concezione critica del mondo. In molti di questi fotografi spirito di avventura, curiosità e onestà, e il senso di missione che danno al loro lavoro sono le caratteristiche principali. Qui sta la loro credibilità e qui c’è il riscontro dell’interesse del pubblico per i fatti ed i temi che vengono mostrati.

Il motivo per cui il reportage ha perso interesse immediato per le pagine della stampa lo conosciamo: basta guardare un telegiornale per vedere come eventi di rilevanza mondiale vengano raccontati a parole dette, con il sottofondo di brevi sequenze filmiche che si ripetono addirittura più volte durante l’esposizione verbale e magari riguardano fatti marginali o sono, capita anche questo, filmati di repertorio, o brani di situazioni diverse o forse anche invenzioni visive create per l’occasione.
Non per niente qualcuno, e non ultimi noi, abbiamo cercato prima di imparare e poi di insegnare la lettura delle immagini fisse o in movimento, per capirne le verità e le mistificazioni.

E dato che siamo nel sistema delle “comunicazioni”, per recepirne i messaggi veri distinguendoli dai falsi.

La figura del fotoreporter ha assunto nel corso dei tempi le più svariate configurazioni, dal paparazzo all’inviato speciale, dal free lance al testimonial e loro sfumature. La questione etica è importante, non per niente un fotografo di forte calibro morale, Gianni Berengo Gardin, applica dietro alle proprie fotografie un timbro che afferma l’opera “non inventata o creata al computer”.

Il reportage, ovunque sia fatto e qualsiasi argomento tratti, deve essere vissuto in prima persona e riportato nella sua integrità documentaria e concettuale. Deve, così ci si aspetta, far fede.

E’ questo il modo di lavorare di Ermanno Foroni. Il suo modo di essere fotografo motiva questo articolo. Ermanno forse, per quanto detto sopra, arriva al grande reportage in tempi un po’ consumati. Ma la sua vocazione è più prepotente dei tempi.

E se i settimanali quali Life e da noi, Epoca, Tempo, l’Europeo, Il mondo, non ci sono più, oggi resta il ricordo della loro azione nelle proposte di grandi servizi fotografici. Restano le fotografie e, per loro, i libri e le mostre. La nostra cultura li esige. Ne abbiamo bisogno come abbiamo bisogno della memoria per dare giustificazione al presente e scopo al futuro.

Dobbiamo continuare su questa strada, per non addormentarci sempre e supinamente in effimere illusioni colorate, droghe di forme e di sensazioni, nelle quali dimenticare quanto c’è dentro a nomi geografici quali Brasile, Bolivia, Afghanistan, Salvador, Romania, Palestina, India, Bangladesh.

Intorno al 1985 Ermanno ha iniziato a fotografare, per istinto e non per professionismo. Ad alcuni di noi “lettori” di portfolio è sortito “leggere” suoi reportage, entrare nello stato d’animo che lo ha guidato nel suo fotografare e dirgli che ci sono ancora spazi. Si, ci sono, perché nessuno è indifferente, perché come lui “all’improvviso ti trovi dinanzi un uomo incrostato di terra, ma finalmente eretto, incapace di sorridere, ma sgravato del basto”, perché “dove un tempo sbarcavano i predatori di metalli preziosi, oggi scopri una nuova razza, che si accampa e vive degli avanzi marcescenti della civiltà metropolita”, perché “in Afghanistan si impara presto che l’integrità fisica può essere un lusso”, perché, perché, perché?
Chi deve rispondere? In fondo noi spettatori, noi coro, siamo dentro ad un processo dove c’è il testimone che porta le prove ma manca il giudice e manca l’imputato.

Forse siamo noi spettatori, noi coro, a dover svolgere quelle funzioni, a farcene carico. Ecco il motivo per cui il reportage ha ancora senso, ecco perché le mostre e i libri come “Uomini senza” devono essere visti, ed ecco perché tra tanti balocchi e profumi che ci riempiono gli occhi la fotografia invece, in certi casi, può aprirceli.

Un Commento

    • worldphoto12

      Carissima Alidada ti ringrazio per il gradito interessamento tutto bene, giusta osservazione, il presente post “Ermanno Foroni” Se questi sono uomini, porta all’attenzione dei gentili visitatori la mostra del fotografo che concluderà il 25-11-2016 ecco perché era ancora in evidenza.
      Auguri di una domenica radiosa.
      Ti saluto cordialmente.
      Giovanni

      P.S. Ultimo post 10 nov. 2016 Statistiche visite l’ora 2

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  1. Isabella C

    Ciao Giovanni, UPS, come sempre arrivo in ritardo… Beh, spero che alla fine sia poi andata bene la visita alla mostra.

    … Sarebbe comunque stata molto improbabile la mia visita alla mostra, in quanto non stavo bene, e fatico andare o stare in giro da sola e lontano da casa.
    Comunque sia io quando sto bene, vado a vedere vari musei chiese, ecc… In quanto è molto interessante… Tante volte vado anche più di una volta…..

    Buonanotte a presto e grazie isa

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    • worldphoto12

      CARA ISABELLA, TI RINGRAZIO PER LA VIVA PARTECIPAZIONE, IL FOTOGRAFO FORONI CON LE SUE FOTO SOTTOLINEA I VARI ASPETTI DELLA REALTA UMANA IN TUTTI I CONTESTI MONDIALI.
      SONO D’ACCORDO CON TE, I MONUMENTI, CHE ESSI SIANO CHIESE, PALAZZI, CASTELLI ECC. SONO TESTIMANIANZA NON SOLO STORICA MA SOPRATTUTTO DELL’INGEGNO E DEL BUON GUSTO (STATUE QUADRI ECC. IN ESSO CONTENUTI ) ITALIANO.
      SE UNA LOCALITA MERITA CI RITORNO, PERCHE ALCUNI DETTAGLI MI POSSONO ESSERE SCAPPATI O CERTE ATMOSFERE (FOTO ) CHE VEDI SOLO CON LUCE (SOLE – TRAMONTO) DIVERSA.
      COME LE OSI.
      UN SALUTO
      GIOVANNI

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